NO OTHER LAND di 4 Registi Palestinesi e Israeliani
Film-Evento
in Versione Originale Sottotitolata
Ingresso € 6,00
in collaborazione con Amnesty International – Piacenza
Martedì 11/2 ore 21,00
Quattro attivisti adottano un linguaggio in sintonia con il loro tempo, dando vita a un racconto sofferto che supera la semplice narrazione per trasformarsi in qualcosa di più viscerale.
“Abbiamo filmato, scattato foto e scritto, e abbiamo pensato che fosse molto importante fare questo documentario per presentarlo al pubblico, soprattutto nel mondo occidentale, dove le persone non sanno chi e cosa i loro governi stiano sostenendo.”
La RECENSIONE di SentieriSelvaggi : Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al 74° Festival di Berlino dove ha vinto il premio per il Miglior Documentario e il Premio del Pubblico nella sezione Panorama, il documentario No Other Land arriva nelle sale italiane. Realizzato da quattro giovani attivisti palestinesi e israeliani – Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham e Rachel Szor – il film israelo-palestinese racconta, giorno dopo giorno e violenza dopo violenza, la distruzione della piccola comunità rurale di Masafer Yatta, in Cisgiordania, da parte dell’esercito israeliano.
Inevitabilmente, quando il cinema esplora a fondo le ferite purulente dei conflitti, le reazioni si dividono tra il rifiuto totale di una causa legittima e il tentativo di comprendere le radici profonde che hanno dato origine al conflitto stesso. No Other Land, invece, è un film che, come nessun altro, ha in se stesso la propria giustificazione. Girato in condizioni di pericolo, in quel lembo di –terra di nessun altro- durante un invasione militare israeliana, il racconto non concede spazio a lunghe riflessioni e ci trascina direttamente nel cuore del conflitto, e mentre Farha aspettava e guardava il mondo esterno attraverso delle fessure, come se le case di Masafer Yatta crollassero attorno a noi. Al centro, la straordinaria figura di Basel, che corre col fiato corto schivando pallottole e si nasconde dietro le rocce in attesa che il nemico si dilegui. Intorno a lui, le figure inconsapevolmente cariche di valore simbolico del giornalista israeliano Yuval e la sua dignità brutalmente calpestata, le donne che si disperano e i bambini che tremano mentre le ruspe demoliscono la loro scuola. I giovani attivisti filmano e poi postano tutto, nella speranza (e nell’illusione), come dice Basel, che il paese ‘salvifico’, arrivi a liberare, proteggere o migliorare una situazione critica.
I quattro autori attivisti adottano un linguaggio in sintonia con il loro tempo, registrando la cruda realtà con camcorder VHS e con cellulari che diventano armi di resistenza, immersi in uno spazio polveroso che diventa il loro palcoscenico. Data la disperata esigenza di verità che non esita a mettere in luce le profonde piaghe di un contesto sociale e politico afflitto da problemi endemici, No Other Land può essere considerato un’opera che fa proprie le caratteristiche distintive del neorealismo italiano del dopoguerra. Il filo diretto con Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini risiede nella capacità di raccontare, con un linguaggio crudo, le atrocità di un conflitto attraverso la resistenza di una comunità oppressa. Il capolavoro neorealista documenta la brutalità del regime nazista attraverso momenti di disperazione, mostrandoci l’impatto devastante della guerra su una città e sui suoi abitanti, come allo stesso modo No Other Land mostra le violenze subite dalla comunità palestinese, dalle demolizioni, fino alla sofferenza dei più vulnerabili, come donne e bambini, con un racconto sofferto che va oltre la semplice narrazione per diventare qualcosa di più viscerale e autentico. Un continuo interrogarsi su come un singolo individuo possa fare la differenza. “Cosa possiamo fare?” chiede il giornalista Israeliano Yuval a Basel, che risponde: “Possiamo solo continuare a filmare.”
La regista giordana Darin J. Sallam aveva già affrontato il tema della nakba (l’esodo forzato della popolazione arabo-palestinese) nel suo film d’esordio Farah (2021), che raccontava i sogni di un’adolescente distrutti dalla violenza. Ma Farah è ambientato nel 1948, e dopo più di mezzo secolo ciò che più colpisce è che il tempo in cui è ambientato No Other Land è il presente, e lo spazio è ancora quella barriera tra Cisgiordania e Israele, dove, proprio come allora – e tuttora anche nella Striscia di Gaza – giorno dopo giorno, si polverizzano i sogni, si disperdono le speranze e si spengono le illusioni.
(Matteo Di Maria)
Cinema Jolly 2
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