L’ABBAGLIO
sabato 1, domenica 2: ore 18:30
Critica: Dopo La stranezza (2022), il regista palermitano Roberto Andò torna dietro la macchina da presa per dirigere L’abbaglio, un altro film storico, facendo affidamento più o meno sullo stesso cast tecnico e gli attori di quello precedente. La sceneggiatura è stata realizzata dal regista in collaborazione con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, partendo dall’epopea dei Mille in Sicilia nel 1860.
“Povera Italia, che abbaglio…”.
È grazie a questo bellissimo finale, al tavolo da gioco, vent’anni dopo la gloriosa conclusione della spedizione dei Mille con la presa di Palermo, che comprendiamo davvero le molteplici sfumature del titolo che Roberto Andò affida alla sua ultima, riuscita opera, L’abbaglio appunto, che dopo il meritato successo de La stranezza, prosegue nel solco dei personaggi storici e dei fatti realmente accaduti mescolati a figure e accadimenti “fantastici”.
Il gancio con il film precedente, oltre alla riproposizione del trio Servillo (è ancora la Storia), Ficarra e Picone (di nuovo la Fantasia al Potere), si può rinvenire in un passaggio di Pirandello e la Sicilia di Leonardo Sciascia, che a proposito delle celebrazioni per il centenario della spedizione, nel 1960, scriveva: “Nessuno, nello sperpero di celebrazioni (e, naturalmente, di quattrini) che c’è stato in questo 1960, si è ricordato di Vincenzo Giordano Orsini e di Sambuca”.
Andò – che anche in scrittura ricompone il trio con Massimo Gaudioso e Ugo Chiti – si affida dunque ad un’altra vicenda storica reale, poco nota, “nascosta” dentro la ben più celebre spedizione garibaldina, quella cioè relativa alla cosiddetta “colonna Orsini” (che sempre Sciascia riportò nel 1963 in “Il silenzio”, racconto presente nella raccolta postuma Il fuoco e il mare): quando Garibaldi (nel film è Tommaso Ragno, al solito superbo in quelle poche pose in cui appare) capisce che la disparità delle forze in campo li sta condannando alla sconfitta, escogita un piano per ingannare l’esercito borbonico, affidando una manovra diversiva al colonnello Orsini (Servillo), che mette in piedi una colonna di feriti con uno sparuto gruppetto di militi, cui viene affidato il delicatissimo compito di far credere a Jean-Luc Von Mechel (Pascal Greggory), comandante svizzero dell’esercito regio, che il generale stia battendo in ritirata all’interno dell’isola. Fino all’arrivo a Sambuca, appunto, paesino dove grazie al “silenzio” dei popolani si riuscirà definitivamente nell’impresa.
Ecco, l’abbaglio è dunque in primis quello che i garibaldini fanno prendere alle truppe regie: con il solito gusto di saper mescolare il romanzesco alla Storia, Andò sa costruire con la consueta disinvoltura questo racconto nel racconto a sfondo risorgimentale, senza mai vanificare l’evidente sforzo produttivo, con ambientazioni tutte on location che aiutano, e non poco, a restituire la “verità” del tempo e dell’azione.
L’altro abbaglio, capiremo poi, soprattutto grazie a quella coda nel finale già accennata, è quello preso da tutti gli idealisti, Orsini compreso, che all’indomani dell’unità d’Italia incominciarono ad accorgersi che era cambiato tutto affinché non cambiasse nulla: il gioco di prestigio, l’illusione attraverso la quale i due personaggi di fantasia inseriti nel film, Domenico Tricò e Rosario Spitale (Salvo Ficarra e Valentino Picone), riescono inaspettatamente a salvare la colonna e l’esito della spedizione, è invece l’abbaglio con cui Andò, ancora una volta, riesce ad esaltare i paradossi della Storia, mescolando comicità e dramma, tirando nuovamente fuori il meglio da due interpreti sublimi, creando per loro una linea narrativa parallela e intrinseca a quella “centrale”, avventura nell’avventura di due impostori che si infiltrano dapprima nella spedizione per arrivare in Sicilia, per poi disertare subito dopo i primi scontri di Marsala ed essere infine ricatturati dai garibaldini per essere arruolati insieme a quel manipolo di militi raccogliticci. Due cialtroni che finiranno per essere cambiati dagli eventi della Storia e che, a loro volta, contribuiranno a modificare.
“È un film sui paradossi della Storia, dove si mescolano comicità e dramma, e dove ritornano i tre grandi interpreti del mio film precedente, La stranezza: Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone. Un’occasione per ricostruire un episodio poco noto della nostra Storia minima, illuminante per vedere i chiaroscuri e le contraddizioni di quella grande. Una vicenda esemplare ambientata in una Sicilia che ancora una volta si rivela lo scenario di un’identità inquieta e sfuggente, bilanciata tra il desiderio di giustizia e la mistificazione, con un finale ambientato in un luogo che collega il passato al presente. Un film sul carattere degli italiani: furbi, appassionati, generosi, opportunisti, coraggiosi, individualisti, cinici, idealisti.” Roberto Andò
Cinema Le Grazie
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