La battaglia di Coli – Peli.
“La tanto temuta offensiva avversaria si verificò invece lungo la direttrice Bobbio-Coli.
Durante la notte tra il 28 e il 29 novembre (1944) un battaglione di nazi-mongoli usciva da Bobbio attraverso i ponti di S. Colombano e di S. Martino e sempre protetto dalle tenebre riusciva a portarsi in quota, servendosi più che altro della rotabile di Coli. Un distaccamento della IV brigata, che era stato schierato in avanscoperta in località Buffalora-Cioccarella, col preciso compito di controllare le mosse del nemico e dare l’allarme ai partigiani retrostanti, nel corso della notte stessa disertava per passare ai garibaldini del Brallo. Questo fatto significò dar via libera agli avversari, che senza alcun disturbo poterono occupare l’abitato di Coli e portarsi sotto le posizioni tenute dai patrioti della IV, V e VI brigata, dal monte Capra a Peli. Per quanto colti di sorpresa i partigiani reagivano furiosamente e per un certo tempo riuscivano a contenere l’attacco, procurando perdite sensibili ai nemici, fra i quali cadde lo stesso maggiore tedesco comandante il battaglione. Troppo tardi però; infatti, a causa della diserzione dei partigiani di Buffalora l’avversario era riuscito a portare in quota anche le artiglierie e i mortai.
Dopo intenso fuoco di preparazione mandava ora all’attacco le sue fanterie. Queste che erano state di proposito ubriacate si alternavano urlando in assalti violenti, anche all’arma bianca. Dietro le linee dei patrioti pure i civili aiutavano e sparavano. Anche don Bruschi, l’eroico parroco di Peli, era presente sulla linea del fuoco e non solo incitava e rincuorava, ma recava munizioni quando mancavano. I nazi-mongoli già sembravano subire una nuova battuta d’arresto, quando una loro colonna, risalendo il corso del torrente Curiasca, riusciva ad infiltrarsi nello schieramento partigiano, e portarsi di sorpresa alle spalle di una postazione di mitragliatrici della IV brigata e a neutralizzarla. In tale azione cadeva abbracciato alla propria arma l’alpino Pietro Cattaneo, colpito da bombe a mano scagliate da brevissima distanza. Si saprà più tardi che la manovra era riuscita al nemico, grazie al tradimento di uno pseudo partigiano del luogo, che aveva guidato i nazi-mongoli lungo un sentiero che ben pochi conoscevano.
A questo punto anche la VII^ brigata, alla quale era stato affidato, come si è detto, il lato sinistro dello schieramento della divisione «G.L.», entrava in azione col 1° e 2° distaccamento. Messi in allarme dall’eco dei furiosi combattimenti che si svolgevano a Peli, questi distaccamenti erano accorsi per primi e si erano schierati sul costone che da Metteglia conduce a Barche e a Costiere. Barba 1° portava anzi i suoi uomini nella zona di Telecchio e da lì riusciva a sorprendere col fuoco delle sue tre mitragliatrici una colonna nazimongola di rincalzo sulla rotabile Bobbio-Coli. Tenendola bloccata per sei ore le procurava gravi perdite e feriva mortalmente un ufficiale tedesco. Si portava poi più avanti, a breve distanza dal nemico e tentava d’aggirarlo. Mentre l’aggiramento era quasi condotto a termine, un dispaccio del capitano Giovanni ci avvertiva che gli avversari avevano ormai sfondato ad Averardi e a Cornale di Peli e che la nostra brigata era gravemente minacciata.
Raggiunta la nostra formazione, diedi ordine di ripiegamento su Metteglia e Ozzola. Durante la notte si provvide a mettere in salvo tutto il materiale; all’alba dell’indomani, mentre nostre pattuglie di sicurezza contrattaccavano il nemico avanzante, gli alpini si portavano sulla riva sinistra del Trebbia nel quadrilatero Collegio-Poggio Rondino-Pietranera-Carana, ad eccezione di un distaccamento comandato da Gino Cerri che veniva lasciato nella zona di Ozzola-Castelcanafurone-Brugneto, ancora sulla riva destra del fiume.
A Marsaglia riunivo i vari comandanti di distaccamento e provvedevo a dar disposizioni per il nuovo schieramento.
Mentre la VII^ brigata assumeva il nuovo schieramento di cui si è detto, le altre formazioni che avevano preso parte alla battaglia di Coli-Peli si ritiravano dapprima sulle montagne di Ferriere e nell’alta val d’Aveto.
Con tale battaglia e con i combattimenti del Passo del Cerro nella val Perino si chiudeva la prima fase del rastrellamento invernale in pieno favore del nemico perché la divisione «G.L.» cessava di esistere come Don Giovanni Bruschi unità organica. I suoi reparti, ridotti a gruppi sparsi, erano costretti ad occultare le armi, a vagare senza meta da una vallata all’altra in cerca di un rifugio sicuro e di un po’ di riposo. Molti anzi fecero ritorno alle loro case ormai fiaccati e sfiduciati; il rastrellamento per molti era stato la prova del fuoco.”
Italo Londei
(Articolo tratto dal N° 6 del 17/02/2022 del settimanale “La Trebbia”)
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