La Trebbia (il fiume, non il giornale) nel suo zigzagare, sui laterali del greto. tende a formare poi rallentati e profondi specchi d’acqua che noi bobbiesi chiamavamo pomposamente “laghi”. I non più giovani ricorderanno il lago di Meneghetti e il più noto “lagone” del ponte Vecchio, teatro di giochi agostani, di atletici tuffi dall’”ortino” e addirittura palestra di pallanuoto. Balena con il suo floscio bianco cappellino vi dava i primi rudimenti del nuoto a torme di bambinetti che lo attorniavano come vispi e un po’ timorosi ranocchi.
Questi “laghi” sono oggi scomparsi; l’uno interrato dal rio Foino e l’altro ucciso da una difesa spondale in gabbioni che ha spedito l’acqua a scorrere veloce lontana.
ll lago “delle Rocce” e quello chiamato “la Berlina” conobbero una più recente frequentazione. Il primo si contrapponeva al secondo come Paraggi a Rimini. Entrambi, più lontani dalla città, erano inizialmente la spiaggia di pochi bobbiesi ma presto torme di piacentini e cremonesi vennero ad apprezzare le limpidissime acque che uscivano dalla forra di San Salvatore.
ll lago delle rocce di San Martino era indubbiamente il più suggestivo. L’affioramento di un banco di arenarie lambito dal turchese del fiume era autentico trampolino e al contempo sedia a sdraio riscaldata dal calore che il sole faceva emanare dalla pietra.
Frontalmente, al di là dello specchio d’acqua, la sabbia di una bella spiaggetta chiudeva la cornice di questo armonioso angolo di fiume.
L’accesso al luogo, tuttavia, era, aimé, costituito da una ripidissima e stretta discenderia polverosa battuta dai più audaci ma interdetta a bambini e alle mamme gravate da cestini, borse e ochette gonfiabili.
Per ovviare a tale limitazione decisi, con l’amico Luigi Casartelli e qualche altro che non ricordo, di gettare una scaletta in cemento con l’assistenza, mi pare, di Pinetto Morandi che sovraintese il nostro operato. Ad uso di qualche sporadico pescatore, l’apprezzatissima scaletta di un tempo resiste tuttora benché invasa dal fogliame e sporca di detriti.
Oggi non conduce più al bel laghetto d’allora, scomparso per lo scavo di un canale al centro del greto che ne ha prodotto l’insabbiamento.
Talvolta non è l’uomo che deve difendersi dal fiume ma è il fiume che deve difendersi dall’uomo. Recentemente tuttavia – forse in omaggio alla vecchia scaletta – la Trebbia sta ritornando a lambire le rocce predisponendosi a riformare l’antico azzurro gioiello. Resta la speranza che qualche altra provvidenziale piena possa con la sua corrente restaurare questo piacevole angolo di fiume, punto aggiuntivo della nostra ricchezza ambientale. Assecondando la natura, anche una modesta piccola scaletta può valorizzarla.
Talvolta più di uno strombazzato convegno sul turismo.
Gian Luigi Olmi
(Articolo tratto dal N° 10 del 12/03/2015 del settimanale “La Trebbia”)
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