I nostri monti sono costellati di chiese meravigliose. Gli antenati le hanno generate pregando; sostenuti da fede profonda, mediante sacrifici indescrivibili. Sono l’eredità più preziosa che ci sia pervenuta. Manufatti unici e irripetibili. “Manuali” illustrati con immagini molto colorate da vedere; leggere e studiare per conoscere e conoscerci. Lo scritto che segue riporta testimonianze utili al lettore per mettere a fuoco “Lo Spirito religioso, animatore di pensiero ideale e opere concrete, particolarmente della nostra montagna, ma variamente, diffuso in Europa”.
“In un paesino sui monti la chiesa parrocchiale si presentava in stile romanico rustico, molti secoli fa. L’altare maggiore era, però, ottimo barocco: un capolavoro! Un bel fiore, profumato di sinuosità e marmi policromi: splendore meraviglioso, commovente, delicato del suo presbiterio. Mancavano soltanto i sei candelieri di rito, da collocare alti sull’ultimo ripiano. Tre per parte rispetto alla grande croce, sovrastante lo stesso altare e il suo tabernacolo. Il parroco riunì i suoi fedeli, tutta la gente del luogo: si cominciò a parlarne. Ognuno disse la sua. C’era chi aveva visto, durante il servizio militare, splendide cattedrali di città lontane. Chi, recandosi per lavoro lungo la valle, molto, oppure poco, aveva apprezzato altrui diverse soluzioni… Furono presentati dei disegni. Si continuò a pensare per parecchio tempo, in casa e in chiesa. Ci furono discussioni, anche animate. Molto animate.
Finalmente si decise per un certo modello, dopo averne vagliati moltissimi. Bisognava dotarsi, unanime pensiero, di candelieri di alta arte, adeguato complemento di un altare di tanta bellezza. In cassa c’era una somma disponibile non enorme, ma neppure mediocre. Così il parroco e alcuni fabbricieri, pieni di buona volontà e zelo, si recarono in città, presso le botteghe degli intagliatori. Rappresentarono auspici; dimensioni, pesi, forme e chiesero: conobbero il prezzo, comprensivo di doratura in foglie, d’oro e d’argento. Troppo superiore alla somma disponibile! Tornarono al paese mortificati e avviliti, ma certamente ancora fieri e indomiti. Il paese decise, universale consenso, di rendere disponibile un’ora di lavoro al giorno – ciascun membro di ogni famiglia – per mettere insieme l’occorrente. Passarono mesi perché, allora, sulla nostra montagna, dicevano: “Le monete tintinnano nelle tasche della gente come batuffoli di lana; le banconote scivolano tra le dita come fossero lubrificate dalla pece”. Altro viaggio ai precedenti laboratori. Stesso risultato: era passato troppo tempo dalla trasferta precedente. I prezzi avevano subito un’impennata! Si decise, allora, di destinare all’impresa, due ore di lavoro al giorno. Dovevano farcela. nei tempi, modalità e corrispettivi convenuti, senza esitazioni e indugi. Riuscirono; di certo prostrati, ma molto soddisfatti! “Suonarono, squillarono” le campane, tutti accorsero anche dai campi più lontani: finalmente! Apoteosi e trionfo fu riservato agli “ambasciatori”, tornati col prezioso, agognato trofeo. La chiesa era stata illuminata a giorno: accese tutte le luci. I nuovi candelieri apparivano magnifici soldati in alta uniforme; forte, soave, armoniosa schiera d’onore alla Croce! Come risaltavano! Che meraviglia! Che piacere! Quei candelieri non erano solo “Cirmolo stagionato bene; lavorato, indorato”. Erano, piuttosto, spontanea particella di vita e sentimenti generali; degli antichi, del villaggio, per dar gloria a Dio, nel segno della Bellezza, Suo principale attributo, dopo Sapienza, Carità, Giustizia…. Come da edificante, commovente, salda, universale tradizione”. (Episodio liberalmente espresso, raccontatomi diversi anni fa: preziosissimo, non deve andare assolutamente perduto).
Attilio Carboni
(Articolo tratto dal N° 11 del 02/04/2020 del settimanale “La Trebbia”)
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