Se ne è stato tranquillo per 2.227 anni, fino a quando l’occhio attento di un fotografo, Paolo Guglielmetti, intento a immortalare le bellezze della Valtrebbia non si e posato su di lui, rivelandone finalmente l’esistenza. Una volta riconosciuta l’ampia curva del dorso, la zampa allungata sul greto del fiume. la proboscide protesa verso l’acqua, Guglielmetti non ha avuto dubbi: aveva trovato l’ultimo elefante superstite della battaglia del Trebbia combattuta tra cartaginesi e romani nel 218 a. C
“Ero impegnato a riprendere con foto e video i meandri, per un progetto che sto portando avanti con il geologo Giuseppe Marchetti. Quel giorno, il 7 aprile. ero da solo. Mi stavo spostando a piedi alla ricerca dell’inquadratura giusta, per comporre un’immagine bilanciata e armoniosa. quando all’improvviso mi è apparso l’elefante. Frequento quella zona da più di trent’anni, ho fotografato il Trebbia anche nel mio libro Orizzonti del 2000, eppure non mi ero mai accorto di quella forma cosi particolare della montagna, che assomiglia proprio a un pachiderma accovacciato. Per questo dico che è stato lui a decidere di farsi vedere”.
“Ero impegnato a riprendere con foto e video i meandri, per un progetto che sto portando avanti con il geologo Giuseppe Marchetti. Quel giorno, il 7 aprile. ero da solo. Mi stavo spostando a piedi alla ricerca dell’inquadratura giusta, per comporre un’immagine bilanciata e armoniosa. quando all’improvviso mi è apparso l’elefante. Frequento quella zona da più di trent’anni, ho fotografato il Trebbia anche nel mio libro Orizzonti del 2000, eppure non mi ero mai accorto di quella forma cosi particolare della montagna, che assomiglia proprio a un pachiderma accovacciato. Per questo dico che è stato lui a decidere di farsi vedere”.
Per l’elefante guerriero, Guglielmetti ha pensato anche a un nome, Surus, e a una precisa funzione: “E’ la sentinella a protezione della Valtrebbia. Percorrendo la statale 45, la si incontra tra Marsaglia e Ponte Lenzino. a monte della confluenza tra Trebbia e Aveto, che si intravede al di là della testa dell’animale. Nella prima foto che ho scattato, il grigio della roccia rendeva in modo molto realistico la pelle dell’elefante.
Due settimane dopo, il versante era diventato tutto verde, ma Surus, una volta identificato, è rimasto chiaramente distinguibile”.
Guglielmetti ha condiviso la sua scoperta con Marchetti e altri amici, ha portato l’immagine nelle scuole. “Penso potrebbero esserci interessanti applicazioni nella didattica, per introdurre a tematiche storiche e scientifiche attraverso il gioco delle associazioni mentali, ma soprattutto Surus potrebbe trasformarsi in un’ulteriore attrattiva turistica della Valtrebbia”. Tra le idee suggerite da Guglielmetti. c’è l’istituzione di un “Hannibal point”, un angolo dedicato ad Annibale con una stele recante le informazioni fondamentali sulla configurazione geologica di questo tratto della vallata e sullo scontro avvenuto tra Rivergaro e Rivalta più di duemila anni fa. -Si potrebbe collocare un cannocchiale, per far apprezzare meglio i dettagli del luogo, e posizionare la segnaletica per invitare a percorre questa parte di strada ad andatura ridotta per tre curve, cosi da permettere ai gitanti di usufruire senza problemi della giusta visuale. Oltretutto potrebbe diventare un deterrente all’alta velocità delle moto, che rimane un grave problema per la statale 45″. Per evidenziare meglio la presenza di Surus, Guglielmetti ha inoltre lanciato la proposta di collocare un grande occhio a parabola nel bosco, “della grandezza sufficiente a rendere visibile a tutti l’elefante, la cui immagine diventerebbe così un’opera d’arte”. Progetti che – evidenzia il fotografo piacentino – devono però godere della massima condivisione della popolazione. “Per adesso, da persona sensibile alla salvaguardia del Trebbia, mi piacerebbe che a Surus venisse riconosciuto il ruolo di testimonial della vallata e di tutore a protezione delle acque del fiume, senza alcun spirito integralista, nel rispetto sia delle attività umane che dell’ambiente”.
Due settimane dopo, il versante era diventato tutto verde, ma Surus, una volta identificato, è rimasto chiaramente distinguibile”.
Guglielmetti ha condiviso la sua scoperta con Marchetti e altri amici, ha portato l’immagine nelle scuole. “Penso potrebbero esserci interessanti applicazioni nella didattica, per introdurre a tematiche storiche e scientifiche attraverso il gioco delle associazioni mentali, ma soprattutto Surus potrebbe trasformarsi in un’ulteriore attrattiva turistica della Valtrebbia”. Tra le idee suggerite da Guglielmetti. c’è l’istituzione di un “Hannibal point”, un angolo dedicato ad Annibale con una stele recante le informazioni fondamentali sulla configurazione geologica di questo tratto della vallata e sullo scontro avvenuto tra Rivergaro e Rivalta più di duemila anni fa. -Si potrebbe collocare un cannocchiale, per far apprezzare meglio i dettagli del luogo, e posizionare la segnaletica per invitare a percorre questa parte di strada ad andatura ridotta per tre curve, cosi da permettere ai gitanti di usufruire senza problemi della giusta visuale. Oltretutto potrebbe diventare un deterrente all’alta velocità delle moto, che rimane un grave problema per la statale 45″. Per evidenziare meglio la presenza di Surus, Guglielmetti ha inoltre lanciato la proposta di collocare un grande occhio a parabola nel bosco, “della grandezza sufficiente a rendere visibile a tutti l’elefante, la cui immagine diventerebbe così un’opera d’arte”. Progetti che – evidenzia il fotografo piacentino – devono però godere della massima condivisione della popolazione. “Per adesso, da persona sensibile alla salvaguardia del Trebbia, mi piacerebbe che a Surus venisse riconosciuto il ruolo di testimonial della vallata e di tutore a protezione delle acque del fiume, senza alcun spirito integralista, nel rispetto sia delle attività umane che dell’ambiente”.
Anna Anselmi
(Articolo tratto da “La Libertà” luglio 2009)
(La fotografia di Surus, l’elefante del Trebbia, è di Paolo Guglielmetti)
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