Pubblichiamo da Avvenire del 25 settembre nella rubrica «Attualità» parte di una pagina dedicata alla Val d’Aveto con due articoli di Paolo Viana, inviato a Rezzoaglio.
Risalendo i tornanti che portano in val d’Aveto incontrate solo fascine di legna tagliata. E da sempre l’industria locale e lo spopolamento è iniziato seguendo la via del legno: dai negozi di ceppi da ardere al commercio del carbone’ alle caldaie … ecco perché il tecnico che le ripara a Milano ha spesso un accento ligure.
Se il 45% del Genovese ha una densità inferiore a 100 abitanti per chilometro quadrato, Rezzoaglio si posiziona sotto i 10, contro i 2432 del capoluogo e i 2212 di Chiavari, TI 44% ha più di 65 anni. Nella turistica Santo Stefano d’Aveto l’indice scende al 33% ma i due Comuni hanno un’ altissima dipendenza strutturale, ossia un elevato numero di persone troppo giovani o troppo vecchie per essere indipendenti. Parlare di sviluppo, quindi, può sembrare una provocazione. I collegamenti sono sempre stati diffìcili e l’alluvione del 2015 ha dato il colpo di grazia. La statale 586 per l’Emilia è tuttora chiusa per lavori.
Il sindaco di Rezzoaglio confida nel progetto Aree interne – «investiremo sui trasporti, che per noi sono un bel problema perché il territorio comunale è lungo 30 km e Chiavari dista da qui 50 di tornanti» dichiara Daniele Mareschi – e non ci sono alternative se si vuol mantenere in vita l’industria turistica e non soffocare le poche iniziative imprenditoriali legate alle tradizioni. Santo Stefano d’Aveto non raggiunge mille abitanti, come Rezzoaglio, ma accoglie ogni anno più di ottomila turisti: Rocca d’Aveto è nata proprio per ospitare gli appassionati di sport invernali. Rezzoaglio invece scommette su escursionismo – ma la ricettività alberghiera è modesta – e agroalimentare. A Casaleggio sta nascendo un macello per la produzione suina e da qualche anno è stata riscoperta la Cabannina, razza autoctona che assicura latte grasso e caseina ottimali per la caseificazione, oltre a una quantità significativa di acido miristoleico, che conferirebbe al prodotto proprietà salutistiche. Vero apripista per il rilancio, però, è lo yogurt: l’idea è venuta al farmacista di Rezzoaglio, che dopo aver rilevato il caseificio lo ha lanciato sul mercato nazionale conquistando gli scaffali della grande distribuzione. Oggi lo yogurt della Val d’Aveto si vende bene da Milano a Bari, passando per la capitale.
«Lavoriamo solo latte raccolto tra Piacentino e Genovese – racconta la titolare, Graziella Pastorini – e produciamo yogurt per colatura, con una resa molto inferiore al prodotto convenzionale, ma con qualità nettamente superiore riconosciuta dai consumatori. Produciamo anche formaggi tipici e vorremmo avere più latte da lavorare, perché c’è mercato. Il caseificio garantisce un lavoro sicuro a 17 dipendenti. Contratti in regola, salario minimo 1.300 euro al mese: l’antidoto allo spopolamento.
(Articolo tratto dal N° 32 del 06/10/2016 del settimanale “La Trebbia”)
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