A Romagnese, in Alta Val Tidone, Comune Gioiello d’Italia 2012-2017, si è conservato, unico caso in tutto il territorio delle Quattro Province, un ciclo pasquale completo, commisto di elementi sacri e profani.
I riti della Pasqua hanno inizio il Giovedì santo con la processione che parte dalla chiesa parrocchiale e raggiunge l’oratorio di Casa Picchi, al seguito di un penitente incappucciato anonimo ( molte volte scalzo) porta una croce di legno alta tre metri, simboleggiando l’ascesa di Cristo al Calvario.
Dopo la benedizione nell’oratorio di Casa Picchi la processione scende verso la chiesa parrocchiale assieme al penitente che porta sempre la croce. Arrivati nella chiesa parrocchiale il penitente posa la croce e il parroco accompagna il penitente nella casa parrocchiale. Si celebra la Messa e alla fine del rito le campane vengono “legate”, cioè non suoneranno fino alla sera del Sabato Santo.
Il Venerdì santo fanno la loro comparsa i falò rituali che illuminano le tenebre serali. In tutte le frazioni vengono fatti questi giganteschi falò. Quando la processione con il Cristo morto fa il giro del capoluogo in tutta la valle si accendono i falò. E’ uno spettacolo suggestivo in quanto il paese di Romagnese è in una conca naturale e tutte le frazioni lo vedono. Al passare della processione che alla testa ha le donne con lo stendardo della Vergine e con in mano le candele, nei vari punti della valle si vedono i falò che si accendono. Tutte le case di Romagnese e della Valle hanno acceso tutte le luci e nelle vie dove passa la processione ci sono i lumini accesi. Si illumina così la via al Signore. Nella processione vengono portate sia la statua della Madonna che del Cristo Morto. Nella processione i cantori recitano la funzione cantando in latino.
Entrambe le processioni sono seguite dai ragazzi del paese che indossano le mantelline delle due antiche confraternite dei Bianchi e dei Neri. Fino agli anni 50 chi faceva parte di queste confraternite, nella Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo si sedeva in una delle due navate ai lati dell’altare maggiore e durante la messa grande indossavano le mantelline. Come si entrava a far parte delle confraternite e ancora avvolto nel mistero.
Si arriva così al Sabato Santo. La Chiesa è completamente buia. Il parroco prima della funzione accende un grande cero e contemporaneamente le campane vengono “slegate” e iniziano a suonare. La tradizione vuole che al momento che le campane iniziano a suonare bisogna bagnarsi gli occhi con l’acqua e non asciugarli.
La sera e la notte del Sabato santo è la volta della questua itinerante e canora che avviene con modalità del tutto simili a quelle dei cantamaggio, ed è finalizzata alla raccolta delle uova necessarie per cucinare le frittate che costituiscono il pasto collettivo che sancisce e suggella un ciclo di eventi di alto valore comunitario.
Romagnese è l’unico paese delle Quattro Province dove si svolga attualmente un rito di questua nei giorni di Pasqua e non all’avvento di maggio, e questo nonostante la distanza dalla collina alessandrina. dove è diffusa la pratica del “cantar le uova” nel corso della Settimana santa.
Secondo Citelli e Grasso. la questua di Romagnese. come gli analoghi canti della montagna pavese-piacentina, potrebbero risultare dalla “sovrapposizione e contaminazione reciproca dei due modelli-base” del “cantar le uova” e del “Carlin di maggio”. Qui il canto di questua prende il curioso nome di Galina griza (“gallina grigia”), dalle immagini concrete con le quali i suoi primi versi annunciano l’arrivo della primavera.
La tradizione a Romagnese è infatti ancora ben viva: la sera del sabato santo, i vari cantori, si ritrovano in paese e si organizzano, suddividendosi in diverse squadre, ciascuna delle quali batterà un gruppo di frazioni. Ogni gruppo è accompagnato da un fisarmonicista e da un pifferaio. I diversi gruppi che arrivano nelle frazioni, dove gli abitanti li attendono nelle case e nelle aie per offrire a tutti vino, salame, focacce. frittelle e altre prelibatezze. Dopo qualche momento silenzioso, come sospeso nel tempo, ecco che i cantori si sono radunati e improvvisamente attaccano il canto. Ecco, anche quest’anno è Pasqua, è arrivata la Galina griza… In ciascuna strofa, il primo verso viene sempre intonato da un leader, che ha soprattutto il compito di ricordare il testo, al che gli altri, aiutati anche dalle rime, lo seguono formando tutto il coro per i versi successivi. Uno dei cantori porta con sé una cesta di vimini (a cavagna), nella quale è incaricato di raccogliere le eventuali offerte dei padroni di casa, un tempo uova e oggi anche denaro. Durante il giro un cantore sulla settantina ci racconta: Dopo mezzanotte, le diverse squadre di cantori convergono nella piazza di Romagnese, dove altra gente li aspetta. Nella sala adiacente sono state preparate delle tavolate, e quando la gente è affluita, mentre qua e là si alza qualche canto, vengono servite teglie con diverse varietà di frittata. Questo piatto è infatti il modo più naturale di condividere con tutti i presenti il frutto della questua. La festa proseguirà, per chi resiste, fino a notte inoltrata.
Ivan Elfi – Assessore al Comune di Romagnese
(Articolo tratto dal N° 16 del 17/04/2014 del settimanale “La Trebbia”)
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