Gian Luca Oberti di Ottone, figlio di Fausta della famiglia Carboni di cui abbiamo riferito in recenti articoli, possiede, imbalsamata, l’ultima aquila della nostra valle. L’esemplare fu catturato nella selva di Campi, sponda destra del Boreca, in un nido molto difficile da raggiungere sul monte Alfeo. La nidiata comprendeva tre aquilotti di cui uno, forse il più robusto, si sottrasse alla prigionia fuggendo con volo incerto. Gli altri due furono rinchiusi in un sacco e calati a valle. Durante la cattura non risparmiarono dolorose (meritate), beccate agli audaci incursori, in precario equilibrio, lungo corde a strapiombo.
Gli aquilotti furono donati a mio nonno Attilio Carboni, titolare del pastificio omonimo, nel 1925. Una grande gabbia venne subito allestita nel giardino circostante alla fabbrica. Continuativa numerosa l’affluenza di clienti, cittadini, curiosi. La coppia, purtroppo, fu presto divisa in quanto un esemplare, richiesto da Genova, venne trasferito a Palazzo Doria-Tursi, sede del Municipio. In epoca fascista, simboli ed emblemi della romanità, l’aquila tra quelli, erano tornati a rivivere nei riferi menti e nei fasti del regime. Mio padre Italo, allora studente a Genova, si recava spesso a far visita all’aquila di città e, forse, le avrà riferito notizie della sorella di Ottone.
Ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso alcuni operai del pastificio ricordavano bene la fierezza della loro aquila, pur in cattività. Riferivano di un certo grado di affettuoso riscontro versi di chi se ne occupava, in fatto di pulizia della gabbia e vitto. L’aquila visse a lungo, attirando ammirazione (ed anche la commiserazione), di tanti ottonesi che ormai l’avevano adottata e la sentivano propria.
Aquile sembra siano state intraviste di recente tra Alfeo e Lesima. Si tratterebbe di soggetti provenienti dalle Alpi. Semplici passaggi esplorativi senza sosta (per ora?).
Attilio Carboni
(Articolo tratto dal N° 39 del 30/11/2017 del settimanale “La Trebbia”)
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