La Ca’ di Ottone nella storia, nell’arte.
I recenti restauri alla sua fontana.
Splendori del romanico rustico a La Ca’ di Val Trebbia.
Foto di Giulia Marena.
Il borgo di La Ca’ incornicia tratto dell’antichissima via Piacenza/Genova (Caminus Januae), per molti secoli cordone ombelicale tra Padania e Marittima. Fra le sue case, in pietra a vista, artistico romanico rustico di molto pregio, transitava significativa particella di traffici e commerci delle due regioni. Immaginiamo lunghe processioni di muli e mulattieri fermarsi per un breve ristoro, intorno alla fontanella pubblica con annesso abbeveratoio.
La fontana in ogni villaggio, oltre riferimento e sostegno al passaggio, era occasione e spunto a quotidiane interrelazioni. L’attesa del proprio turno consentiva di socializzare, di fortificare e stringere amicizie e relazioni. Era esercizio e riscontro all’appartenenza di “campanile”, forte solidarietà di villaggio, sviluppi condivisi, prospettive auspicate. Luogo tipico di colloquio con i viandanti (portatori di notizie esterne). Dialogo dei residenti tra loro (circolazione di novità e “segreti” di paese).
Spesso alla fontana veniva attribuito un nome, sempre femminile. Riconoscimento onorifico di una speciale maternità allargata a uomini, animali e piante. L’acqua fonte di vita. Elemento essenziale. Preziosità delicata, pura, corrente.
Ma anche le fontane possono ammalarsi, come magistralmente ci racconta Palazzeschi (Cfr. La fontana malata). Anche le fontane hanno bisogno, dunque, di cure e medicine. Gli abitanti di La Ca’, pertanto, con terapia corale, durante l’estate, si sono occupati della loro fontana, restituendola ad antichi splendori e fasti. Ora è tornata giovane, bella, molto loquace; elegante. Prima “donna” del borgo. Ascoltiamola: ci parla con dovizia di particolari degli antenati (quindi, di noi).
Domenica, 18 settembre, la gente di La Ca’, convenuta anche da lontano (Un centinaio di persone), si è stretta intorno al Sindaco, dottor Beccia Federico, al taglio del nastro inaugurale, fra applausi ed entusiasmo. A seguire rustica cena con salumi, formaggi, torte; focaccia e farinata genovese. Nell’aria aromi e sapori “nuovi ed antichi” (Cfr. Pascoli: “L’aquilone”).
Il territorio della frazione La Ca’ appartiene oggi al Comune di Ottone, ma nel VII secolo era possesso del Monastero di San Colombano di Bobbio, quale pertinenza (presumibile), della finitima “Cella” di San Bartolomeo, unitamente a Ottone Soprano (chiesa di San Colombano) e Fabbrica (chiesa di San Martino).
Tra i documenti storici che citano La Ca’ il più antico riguarda un suo cittadino che il 28 giugno 1197 fu presente, quale teste, alla pace tra il marchese Morello Malaspina e la città di Tortona: “Questi sono quelli di Valtrebbia: Bonus Joannes de Casa… Precedono e seguono nominativi di uomini provenienti da Traschio, Losso, Ottone, Semenzi (Cfr. Chartarium Dertonense, disponibile in internet). La citazione sembra avvallare l’importanza del borgo, rappresentato in tale circostanza.
Che La Ca’ fosse stata di notevole valore strategico e commerciale lo attesta, addirittura, una delle carte geografiche in mostra alle pareti dei Palazzi Vaticani a Roma. Nella carta che visualizza il “Caminus Januae” si nominano, per la nostra zona, quali centri di riferimento significativo al transito: “Organasca, Traschio, Losso, CA’, Ottone, Croce…” Quegli affreschi risalgono al XVI secolo!
Scartabellando nell’archivio parrocchiale di Ottone alcuni documenti poco noti, addirittura ignorati, citati da mons. Stefano Barbieri nel suo prezioso manoscritto: “I documenti dell’archivio della Parrocchia Di Ottone”, trovo e riferisco le seguenti interessanti notizie circa La Ca’ e San Bartolomeo, sua chiesa di riferimento:
“Sopra la sacristia vi sono due camere ad uso canonica, costrutte , probabilmente, dopo il 1750. Furono utilizzate fino al 1830, circa, periodo di maggior fede e maggior numero di sacerdoti”. In quell’epoca e, di certo, anche prima, un sacerdote officiava in via permanente nella detta chiesa, all’ombra della quale si trova La Ca’ e i suoi vasti sobborghi ed annessi, occupandosi di anime, probabilmente tanto numerose da giustificarne la presenza (Op. cit. pag.90).
Anime in numero e religione tale da far scrivere a mons. Barbieri: “I casati Barchi, Lavezzoli, Guarnieri, Devoti… (tipici della zona), hanno dato tutti qualche sacerdote alla Chiesa” (ibidem pag. 133).
Boschi e terre collegate al territorio San Bartolomeo e La Ca’: “Da noticina di vecchio registro risulta che il beneficio di San Bartolomeo (presso Ca’), venne donato da un marchese Malaspina di Orezzoli che stava in villeggiatura a San Bartolomeo. Venne donato anche allo scopo di esonerare dall’obbligo delle decime i parrocchiani del borgo di Ottone e di La Ca’. Infatti questi, ab immemorabili, non pagarono mai decime all’arciprete” (Ibidem pag. 121).
La Pieve di San Bartolomeo è sempre stata e resta riferimento religioso per La Ca’. Ancora vengono celebrate esequie e cerimonie varie, come nella tradizione “Degli antichi Padri” (Cfr. “I seminatori” e “ I pastori” di Gabriele D’Annunzio).
Splendori del romanico rustico a La Ca’ di Val Trebbia.
Foto di Giulia Marena.
L’antico borgo di La Ca’, in energica posizione dominante sulla valle, è un’isola felice, baciata da cieli azzurri, sole luminoso e grande. Un borgo dolcemente accarezzato da brezze delicate e pure. Venti leggeri. Nell’abbraccio di rilievi affettuosi e protettivi. Un fiore di pietra squadrata da manualità sapiente che sboccia nel verde di campi, ubertosi ed estesi. Rivedo meravigliosi vigneti, boschi, pascoli di un tempo. Ammiro nuovi frutteti, giardini ed orti… Ogni cosa di La Cà risalta, suggestiona, attrae. Stupisce, incanta… Gioiosa, giocosa magia di colori, suoni, aromi… in movimenti sempre nuovi, diversi, vaghi.
Attilio Carboni
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