Correva l’anno…1996.
In quell’anno, dopo una furiosa piena dell’Aveto, una antica salina, emerse dall’oscurità dei secoli passati.
I suoi ruderi, ormai dimenticati dalla memoria della popolazione locale, diedero testimonianza a quello che nel medio evo fu uno stabilimento per la produzione del sale.
Dopo alcune ricerche storiche, effettuate dal compianto dott. Piero Castignoli, già direttore degli Archivi di Stato di Piacenza, emerse che nel XII secolo il Comune di Piacenza, impadronitosi delle principali corti dell’alta Val Trebbia, si impossessò anche della Salina di Cerignale; ne è testimonianza una rubrica degli Statuti comunali del 1278 dove viene citata la fonte in Val Trebbia nel territorio del Castel del Lago (i cui ruderi si posso vedere ancor oggi, in posizione dominante la SS45, presso il bivio per Pieve di Montarsolo).
Dopo vari passaggi di mano, a partire dal XVI secolo, la famiglia Doria di Genova prese possesso dei territori sino al torrente Aveto e quindi la Salina entrò a far parte della loro giurisdizione.
A partire dall’inizio del 1700 e sino a circa il 1760, la Salina venne concessa in appalto per periodi triennali, infatti da diversi documenti è emerso che erano persone dei paesi circostanti a stipulare tale tipo di contratto. Si è anche evinto che la struttura era in continuo pericolo, a causa delle frequenti alluvioni del fiume. Possiamo quindi immaginare che la Salina di Cerignale, sia rimasta “vittima” di un’alluvione particolarmente intensa, che l’ha seppellita, nascondendola alla memoria degli uomini.
Gli stessi capricci dell’Aveto, però, dopo più 200 anni, hanno riportato alla luce l’edificio, ma, le stesse acque, riportarono i resti nell’oblio.
Vent’anni fa furono fatte delle prove di salinità, alla vecchia maniera, per dire, si riuscì ad ottenere ben 80 grammi di sale da un litro di acqua.
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