All’ indomani dell’8 settembre 1943, la Val Trebbia fu uno dei più naturali luoghi di convergenza per sbandati del dissolto esercito, ricercati politici, antifascisti di vecchia o recente militanza, o, più in generale, elementi in qualche modo insofferenti del regime…, gente, insomma, che aveva conservata viva e vigile una propria autonoma sensibilità politica. Alcuni di questi ultimi,… ai primi di novembre, si dettero convegno sul monte Antola per concertare un piano di opposizione organizzata… Il Rifugio Musante era il luogo di ritrovo più idoneo per questo incontro, sia per la sua ubicazione, quasi sulla sommità dell’Antola, sia per le qualità morali della famiglia che da anni gestiva il locale. Secondo uno stile squisitamente cospirativo, i convenuti giunsero a gruppi o isolatamente, fingendo di non conoscersi fra di loro e, solo all’ora del pranzo, cogliendo l’occasione dell’essere riuniti alla stessa tavola, avviarono la conversazione che a loro interessava: esame della situazione generale, possibilità di concentrare uomini in quella zona, problemi logistici, eccetera… Non occorse molto tempo per formulare una comune analisi della situazione e per concordare l’indirizzo da dare all’azione. Si stabilirono compiti e responsabilità dei singoli, le zone in cui operare, furono persino attribuiti i “nomi di battaglia”. Si convenne anche che era necessario passare subito all’azione per rendere palese più presto, a tutti, l’esistenza di questo fronte contrapposto a quello fascista. Il gruppo si sciolse con questa intesa e con l’impegno di ognuno di dare l’avvio all’attività decisa… Alla prima formazione della vallata fu attribuito il significativo nome di “Scintilla”…
Nel mese di marzo, con l’arrivo a Cichero del distaccamento “Scintilla” proveniente dall’Antola, il gruppo di Cichero divenne troppo numeroso… Fu così che si decise di costituire tre distaccamenti…, uno a Cichero, l’altro a Pannesi, il terzo in Val Trebbia. Fu quest’ultimo distaccamento che, assunto il nome di “Torre” ritornò sui passi del vecchio “Scintilla’:
Fermatosi dapprima a Bavastri, si trasferì dopo pochi giorni alla falde dell’Antola, poi alle pendici del monte Carmo e successivamente in un casone poco sotto le Capanne di Carrega.
… Uno dei problemi più delicati fu, per i primi partigiani, quello dei rapporti con la popolazione civile, costituita da contadini e da numerosi “sfollati”
Vi era da parte dei contadini la naturale diffidenza che i montanari hanno per tutti i “foresti” e, in genere, verso tutti coloro che sono estranei alle abitudini e alla loro vita scandita dai raccolti, dalle gelate, dalla nascita dei vitelli e dalle occupazioni domestiche.
… Apparve subito chiaro ai partigiani che, se si voleva ottenere la collaborazione della gente, occorreva conquistarne la fiducia a poco a poco… lasciando al tempo l’incombenza di far maturare le scelte della gente… Anche i più diffidenti cominciarono a comprendere che forse quei giovani accampati nei casoni, con poco cibo e tanto freddo addosso, dovevano avere veramente qualche ideale per affrontare una simile vita… Quando poi nei villaggi arrivano le rappresaglie, gli incendi delle case, le uccisioni degli inermi, i sentimenti di solidarietà umana si rafforzano.
I partigiani non sono più soli nei paesi della vallata. Sono sempre più numerosi quelli che li guardano con comprensione e con fiducia, quelli che hanno preso coscienza della necessità e del senso della lotta armata, che purtroppo costa sacrificio e sangue. Il nuovo stato d’animo matura con semplicità e naturalezza: il mezzo più convincente è l’esempio che i partigiani riescono a dare famiglia per famiglia, uomo per uomo».
Da A. Testa, Partigiani in Valtrebbia. La brigata Jori, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1980
(Articolo tratto da “Breviario del viaggiatore in Val Trebbia” edito da Sagep per la Comunità Montana Alta Val Trebbia)
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