Al principio della strada in salita che conduce alla frazione Brignole del comune di Rezzoaglio in Val d’Aveto, accanto alla cappelletta dedicata alla Madonna edificata nel dicembre 1954, vi è una lapide consumata dal tempo che ricorda due giovanissimi partigiani caduti il 6 Settembre 1944. I nomi di Giovanni Serra di anni 17 e Vincenzo Menoni di anni 21 sono appena leggibili. Dietro quei nomi e l’età dei due giovani vi è un episodio tragico legato agli anni drammatici della guerra civile che sconvolse l’Italia dal 1943 all’aprile 1945. Nei primi giorni del Settembre 1944, in Val d’Aveto, si stava concludendo il rastrellamento anti-partigiano operato dalle truppe tedesche e fasciste della Repubblica sociale che aveva interessato, nelle due settimane precedenti, l’intero entroterra genovese, le provincie di Piacenza e dell’Oltrepò Pavese. Giornate di combattimenti e di dolorosi lutti che afflissero gli opposti schieramenti e la popolazione civile locale.
Giovanni Serra, giovanissimo studente genovese sfollato con la famiglia a Santo Stefano d’Aveto si era arruolato due giorni prima nella 32° brigata “Monte Penna”, unità organica della divisione partigiana “Val Ceno”. Serra, da alcuni mesi aveva manifestato all’amico Nando Dentone l’intenzione di unirsi ai partigiani. In quei giorni, la 32° brigata “Monte Penna” costretta a ripiegare dalla zona del parmense ,causa il sopravanzare delle truppe nemiche, si era provvisoriamente acquartierata nei pressi di Roncolongo-Santo Stefano d’Aveto. In tali circostanze, il giovane Serra conobbe Vincenzo Menoni. Un giovane nativo della provincia di Parma, e da qualche mese alla macchia. Le precedenti intenzioni e la nuova amicizia indussero Giovanni a rompere gli indugi. Fu subito accettato dal comandante della “Monte Penna” che gli assegnò il nome di battaglia “Gordon”. Gli venne dato un moschetto e venne affidato per l’addestramento preliminare proprio al suo amico Menoni (Parma). La mattina del 6 settembre, i due giovani ed un terzo partigiano, tale Celli, incaricati di reperire generi alimentari per la brigata, giunsero nel territorio di Rezzoaglio. In località Parazzuolo, intercettarono in modo fortuito una pattuglia nemica , costituita da due soldati ed un sottufficiale del gruppo esplorante della divisione alpina “Monterosa”. Celli, Menoni e Serra, nonostante la loro inesperienza, si appostarono e colsero di sorpresa i tre soldati repubblicani. Dopo averli disarmati, li incolonnarono per condurli al comando.
Giunti nella frazione di Brignole, decisero di abbandonare la strada provinciale e di inoltrarsi con i prigionieri attraverso il bosco.
A questo punto, quello che accadde lo sappiamo attraverso la testimonianza del Celli, unico sopravvissuto dei tre: Prima di attraversare il piccolo torrente Libieto, Vincenzo Menoni (Parma) si accorse di avere una scarpa slacciata, quindi avvisò tutti di fermarsi e si accinse a legare le stringhe. Prima di chinarsi, appoggiò il mitra sten su di un masso. Il sottufficiale prigioniero, pare fosse un maresciallo con una fila di nastrini corrispondenti alle varie campagne militari sostenute, militare esperto e navigato qual’era, fece un balzo e si impossessò del mitra. Il Celli riferì che ne seguì una colluttazione, nella quale il sottufficiale ebbe la meglio. Lo stesso Iniziò a sparare a raffica e colpì i due giovani partigiani. In quegli istanti di concitazione, il Celli, trovandosi in una posizione discendente si trovò fuori dal campo di tiro e riuscì a fuggire nel bosco. I tre soldati della “Monterosa” percorsero a. perdifiato il sentiero che portava al centro abitato di Brignole, per poi proseguire fino al presidio divisionale installato a Rezzoaglio.
Per Giovanni Serra e Vincenzo Menoni, raggiunti da numerosi proiettili, non vi era più nulla da fare. Gli abitanti di Brignole, allarmati dalle detonazioni, si recarono presso il luogo della sparatoria incuranti del pericolo. Con raccapriccio si trovarono di fronte ai due giovanissimi caduti. Ricomposero pietosamente le salme e le trasportarono in paese dove ricevettero l’estrema unzione dal parroco di Rezzoaglio, subito accorso. Il falegname della frazione di Molini, Angelo Fasce, costruì due casse di legno per dare degna e cristiana sepoltura ai due giovani. Serra e Menoni vennero provvisoriamente inumati sul greto del torrente Libieto, luogo della morte.
Nell’immediato dopoguerra, le famiglie si recarono a Brignole per recuperare i loro congiunti. L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia pose la lapide in un primo momento nel luogo dell’uccisione. Solo alcuni anni fa è stata spostata al principio del paese. Essa reca i nomi, oramai poco leggibili, dei due giovanissimi partigiani, due giovani vite spezzate in un conflitto fratricida. Sarebbe auspicabile che la lapide potesse essere restaurata, nel perenne ricordo di Giovanni Serra e Vincenzo Menoni.
Alessandro Brignole
(Articolo tratto dal N° 11 del 06/04/1957 del settimanale “La Trebbia”)
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