Sul modo di ricevere il Signor Principe ed il Signor Marchese quando vengono in visita ai loro feudi.
Un’importante circolare della Curia Diocesana di Tortona (sec XVII), inviata in copia ad ogni Parrocchia, prescrive le modalità d’accoglienza del Feudatario, “quando viene in visita al Suo Feudo” (In alta Val Trebbia: Principi Doria, Centurione; i Marchesi Malaspina). La Chiesa era il luogo privilegiato in cui il Principe o il Marchese, salutato Dio, incontrava e si intratteneva ufficialmente con i suoi sudditi. Ad essi si rivolgeva dal presbiterio, in mezzo al clero e alla sua corte, ne riceveva il “benvenuto” Con loro cantava il “Te Deum”, di ringraziamento per il viaggio, a quei tempi sempre impegnativo per tutti Vi ascoltava le invocazioni alla Divinità in Suo favore; le suppliche, gli auspici… In quella circostanza offriva doni alla Chiesa (Quadri, suppellettili, arredo vario, paramenti sacri, somme di denaro per manutenzioni), mai presentandosi a mani vuote.
Riporto il testo del cerimoniale, ritenendolo molto interessante, praticato a Ottone, nella Chiesa patronale di San Marziano: “L’Arciprete col piviale e il clero locale in cotta e stola, tutti con le rispettive insegne, nel giorno e nell’ora stabilita, si raccolgano intorno all’Altare Maggiore della Chiesa interessata alla visita. Invocato il Signore, i Sacerdoti, su due file, si rechino all’ingresso, davanti la Croce, in fine l’Arciprete e fuoriescano dal l’Edificio ponendosi in composta attesa”.
Intanto il Principe si avvicinava a cavallo, con seguito e scorta. Del seguito faceva parte il Commissario, suo fiduciario nel feudo, numerose guardie armate, consiglieri, cortigiani, ecclesiastici e famigli, provenienti da Genova. Già da qualche giorno, tutti ospiti a Gorreto, lato opposto della Trebbia, in altro feudo e giurisdizione. Il bellissimo Castello dei Principi Centurione era, di certo, più adatto di qualsiasi altro ambiente dei dintorni, ad accogliere qualità tanto elevata di presenze e numero.
Trombe, tamburi, campane diffondevano suoni armoniosi. Giunto davanti alla Chiesa. presso la quale già da tempo si era raccolto il popolo, il principe Doria scendeva da cavallo, tenuto a briglia da un esponente della feudalità locale, ricevendo il saluto personale dell’Arciprete e quello dei sudditi. Seguiva la lettura di qualche bella poesia, con acrostico sapiente e ricercato; metafore, allegorie; figure retoriche di grande pregio.
Il testo, ornato con simboli complessi; colorate immagini e didascalie a cornice, sarebbe stata conservato con cura negli archivi feudali, importante pagina di letteratura celebrativa ed arte diplomatica. Terminati i convenevoli, il clero, sempre su due file, chiuse dal Principe, risaliva la navata centrale raggiungendo il presbiterio. Qui il Feudatario si raccoglieva in silenziosa preghiera su apposito inginocchiatoio. Dopo il canto del “Te Deum”, prima della Benedizione Eucaristica, l’Arciprete rivolgeva al cielo le invocazioni di rito: “O Dio, vieni in suo soccorso” a cui tutti i presenti rispondevano, con affettuosa fede: “Affrettati, o Signore, ad aiutarlo ed ancora: “Dagli salute, forza, saggezza…”.
Attilio Carboni
(Articolo tratto dal N°29 del 25/08/2016 del settimanale “La Trebbia”) (Fotografia di Roberto Costa)
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