Nella Chiesa parrocchiale di Ottone il quadro settecentesco della “Madonna in gloria” posto nell’abside, richiama e celebra i Santi tipici del paese. La pregevole pala è un’importante pagina di storia locale ed arte sacra.
La Parrocchiale di Ottone, in pregevole stile barocchetto genovese, è dedicata a San Marziano, Vescovo e martire tortonese del IV secolo. La costruzione risale al XVII secolo (1693), e si deve alla forte volontà e al diretto impegno della popolazione, all’interessamento dell’arciprete del luogo e al cospicuo sostegno economico del feudatario genovese (Principe Doria). Pietà profonda, fede generosa e devozione sincera, secolo dopo secolo, hanno dotato la Chiesa di notevoli opere d’arte (pitture, sculture, suppellettili, arredi, paramenti), in parte custoditi ora, per ragioni di sicurezza, nel nostro museo d’arte sacra.
Tra i manufatti più espressivi e apprezzati si distingue per qualità artistica ed i forti sentimenti che ispira, l’immagine della “Madonna in gloria tra Santi ed Angeli”. L’importante tela è posta nell’abside, in posizione sovrastante l’altare maggiore e si presenta incorniciata da pregevoli stucchi con volute dorate, cartiglio sinuoso alla base e cimasa.
Il cartiglio riporta un versetto del salmo 45 (46): “PROPTEREA NON TIMEBIMUS” (= ecco perché non abbiamo paura), ovvero gli ottonesi e i tutti i credenti in genere, non hanno paura e sanno affrontare le prove più impegnative della vita perché in qualsiasi momento possono rivolgersi a Dio, alla Madonna, ai Santi.
Il Salmo è uno dei più poetici e edificanti del salterio. Invita alla speranza, sempre e comunque. Ci conforta, ricordando: “Dio è il nostro rifugio e la nostra forza. Il sostegno sicuro negli affanni e nelle tribolazioni. Non abbiamo paura, confidando nel Signore, neppure se la terra fosse messa a soqquadro sotto le nostre estremità e tutti i monti intorno scagliati nelle profondità del mare”.
Da oltre tre secoli gli ottonesi si rivolgono al cielo anche attraverso quel dipinto, grande e bellissima porta spalancata sulla trascendenza e sull’infinito. Il quadro di buona scuola genovese, ma ignoto autore, raccoglie intorno alla Beata Vergine i Santi tipici di Ottone: Bartolomeo, Rocco, Marziano e Sebastiano. Il culto dei primi tre è giunto intatto fino a noi dall’epoca della sua lontana origine nella nostra terra, nella nostra storia.
San Bartolomeo è il titolare della Chiesa cimiteriale omonima, dal VII secolo riferimento religioso per gli abitanti del locale insediamento monastico bobbiese in alta Val Trebbia.
A San Marziano è dedicata la parrocchiale di Ottone (XVII secolo), a quel tempo in territorio della diocesi di Tortona e, pertanto, al santo vescovo e martire tortonese riferita.
A San Rocco è stato elevato un’importante oratorio, in centro paese, agli inizi dell’ottocento. Dal XVI secolo, il suo culto era già ampiamente diffuso nella zona dell’Aveto/Trebbia. Ovunque Gli erano state dedicate cappelle ed edicole molto frequentate, perché considerato dalla nostra gente potente protettore e taumaturgo.
Secondo tradizione (non ci sono documenti), la primitiva Chiesa di Ottone inferiore (sec. VI), posta nella valletta del torrente Ventra, nei pressi del castello (zona Aietta), sarebbe stata dedicata a San Sebastiano. Verso la fine del XVI secolo il degrado e la precarietà dell’edificio provocarono la sospensione delle funzioni religiose e il suo abbandono. La gente si trasferiva, con grave disagio, presso la Pieve di San Bartolomeo al cimitero per assistere alle funzioni religiose. La nuova Chiesa (l’attuale), fu dedicata a San Marziano e l’antico patrono passò col tempo in secondo piano.
Forse perché non più dotato di una Chiesa propria; forse perché Rocco e Sebastiano sono stati Santi egualmente invocati nelle pestilenze, ovunque in Europa e, quindi, potevano facilmente sovrapporsi e confondersi, corrispondendo le loro prestazioni; San Sebastiano venne ingiustamente dimenticato dalla nostra gente. Sarebbe opportuno tornare a ricordarsene: ha visto i nostri lontani antenati in ginocchio davanti alla sua statua e, di certo, li ha sostenuti nelle loro necessità.
Aver posto però l’immagine dei Santi Sebastiano e Rocco ai lati della Madonna rappresenta non soltanto un preciso riferimento religioso per ottenere miracoli, per esprimere riconoscenza, ma anche metafora della nostra realtà esistenziale e cristiano possibile rimedio.
San Rocco, poiché appestato, compendia gli infiniti mali che ci possono affliggere, collegati alla nostra intrinseca precarietà fisica (disagi e sofferenza aventi origine in ciascuno di noi “subita causa interna”). Il bubbone della peste, indicato dalla sua mano, ci ricorda la perenne debolezza del nostro corpo.
San Sebastiano, martirizzato con il supplizio delle frecce, impersona chiunque sia fatto oggetto, talvolta o di continuo, delle “frecciate” dei suoi simili, ovvero ingiurie, diffamazioni, calunnie, critiche spietate ed ingiuste, derisione, burla (sofferenze e disagi aventi provenienza e causa esterna all’uomo che le subisce, prodotti dalla malvagità del suo prossimo) L’estrinseca cattiveria del mondo, sempre incombente, purtroppo!
Talvolta gli uomini si possono sentire tra “incudine e martello”, ma gli ottonesi che si trovino in qualche difficoltà non devono avere paura. Dentro o intorno possono accumularsi pericoli, disagi, malessere, ma davanti a loro troveranno sempre i Santi degli antenati e la Madonna, la Grande Madre, pronta ad aiutarli (“propterea non timebimus”).
Nella rappresentazione e nella didascalia proposte dal quadro di Ottone, si concentrano, visualizzandosi, importanti indicatori della storia religiosa della nostra gente (la Madonna e i quattro Santi propri della nostra Terra), e si propongono sicuri rimedi nelle possibili vicissitudini della vita di ciascuno di noi.
Attilio Carboni
(Articolo tratto dal N° 16 del 26/04/2012 del settimanale “La Trebbia”)
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