Nel cuore degli antichi borghi arroccati sui ripidi versanti della selvaggia val Boreca, sono ancora presenti degli antichi lavatoi che rappresentano un patrimonio culturale spesso trascurato ma ricco di un fascino antico, soprattutto per la nostra generazione dove il bucato viene effettuato dalle modernissime lavatrici. In una epoca in cui l’acqua corrente nelle case non esisteva, i panni delle famiglie si dovevano lavare nelle fredde acque del torrente Pej, nelle sorgenti, oppure in manufatti in pietra locale, costituiti, a volte, da una singola vasca, come quello di Codeviglio (Pej), mentre altri hanno più vasche affiancate (Artana e Bogli ) con una funzione di insaponatura e una di risciacquo.
Chi doveva sopperire al lavaggio erano le donne che lavoravano duramente per garantire che i panni fossero puliti. Il loro lavoro richiedeva forza fisica e resistenza, ma anche abilità nel trattare le macchie e nel dosare il sapone. Abbiamo ascoltato le storie di alcune donne che hanno vissuto quel periodo: sono frammenti di vita, di fatica, di memoria e identità, di punti di incontri dove si scambiavano notizie, ma anche risate mentre lavoravano. Spesso dovevano eseguire il lavaggio e l’asciugatura in due giorni; il primo giorno (ad Artana), scendevano al lavatoio ubicato più a valle per il lavaggio e nel secondo giorno appena spuntato il sole, stendevano i panni, a volte anche nel prato; alcune di loro rimanevano giù a rivoltarli, mentre altre ritornavano nel paese per completare altri lavori, per poi ridiscendere a raccattare il bucato. Più “fortunati” gli abitanti di Suzzi; un bellissimo lavatoio a tre vasche è stato costruito vicino ad un ruscello proprio a ridosso delle prime case. Più sotto, è presente una piccola vasca; era riservata ai bambini che iniziavano a lavare i propri panni, ma probabilmente serviva a farli giocare mentre le loro mamme erano impegnate nel lavaggio. In questi piccoli borghi, i lavatoi erano anche luoghi di rituali e credenze popolari.
Le donne seguivano tradizioni tramandate di generazione in generazione durante il lavaggio dei panni. Alcune credenze suggerivano che lavare i panni in giorni specifici della settimana portasse fortuna o sfortuna. Ad esempio, il venerdi era considerato un giorno negativo per il lavaggio, mentre il lunedi era propizio. Altre credenze popolari suggerivano di evitare di lavare i panni durante la luna piena, poiché si riteneva che l’acqua fosse più “agitata” in quel periodo. I lavatoi che abbiamo visto, sono spesso situati in luoghi panoramici, con una bella vista sui monti Lesima o Alfeo, ma non sappiamo se loro potevano godere della vista di queste montagne mentre lavoravano, almeno quanto noi, che siamo andati a ricercare questi posti oggigiorno con l’intenzione di mettere in evidenza queste storie di vita.
Con gli anni e la volontà di questi abitanti, sparsi nei piccoli borghi della val Boreca, nel portare l’acqua corrente nelle case, i lavatoi persero gradualmente la loro importanza. Molti sono stati abbandonati e in molti casi caduti in rovina. Nei borghi di Tartago, Vesimo, lo stesso Bogli e Pej, i lavatoi sono stati trasformati in fontane che uniscono diverse funzioni. Le vasche possono fornire acqua da bere sia per gli abitanti che per l’escursionista, per attingere l’acqua per annaffiare i loro piccoli orti, per fungere da abbeveratoio per gli animali (Suzzi), oppure, come quella di Artana, con doppio uso; la vasca è per gli animale e il getto che esce per gli umani. Ma queste varietà di trasformazioni rende ogni antico lavatoio o una “moderna” fontana, un pezzo unico di storia e bellezza nel selvaggio ma affascinante paesaggio della val Boreca.
Testo e foto Luigi Ziotti
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