Castello di Riva


Dove si trova

Riva è una frazione del comune di Ponte dell’Olio, dal quale dista circa 2 km.

Il castello

Costruito con sassi e ciottoli del Nure, il borgo si sviluppa sull’originaria planimetria a triangolo isoscele con il lato maggiore a settentrione parallelo al corso del Nure, e i due lati minori che convergono a meridione fino ad incontrarsi ai margini della strada per Bettola. Al vertice di ogni angolo sono poste le torri, differenti per forma e dimensioni. A nord-ovest, verso il corso d’acqua, si erge il mastio quadrato, con le mura che scendono a scarpa verso l’alveo del Nure e coronato, come le cortine murarie, da beccatelli a sbalzo collegati da archetti sormontati da merli a coda di rondine. A sud e a nord-est, sono una torre quadrata ed una poligonale verso l’interno della cinta. L’ingresso alla fortezza si trova nel fronte est dove si vedono ancora i caratteristici incastri per il ponte levatoio con cui si oltrepassava l’ampio e profondo fossato ancora visibile. Si racconta che prima dei restauri ottocenteschi le cantine del torrione fossero adibite a carcere e provviste di trabocchetto.

Cenni storici

Riva, borgo medievale, ormai unito alla dalla recente espansione edilizia a Ponte dell’Olio, deve probabilmente il nome alla sua posizione sulla sponda orientale del torrente Nure. Il nome “Castello di Riva” si trova per la prima volta in un documento del 1199 che da notizia di una investitura feudale avvenuta sotto il portico di un primitivo nucleo, forse il torrione, cinto da mura .Da un atto in data 28 aprile 1255 risulta che Obizzo e Giulio Ardizzoni vendevano a Obizzo Visdomini la loro parte del castello di Riva che possedevano con Ghislerio Ardizzoni.
La ricostruzione del castello stesso avveniva poi nel 1277 come fa fede l’iscrizione scolpita all’interno: “MCCLXXVII fuit factum hoc castrum”  e sarebbe legata al nome dei Del Cario, antica e nobile famiglia piacentina. Infatti, l’atto del 22 novembre 1323 attesta che il milite Oberto Del Cario vendeva agli Anguissola di Vigolzone il castello di Riva e terre annesse per 5600 lire. I Del Cario, nel 1323, lo cedettero agli Anguissola di Vigolzone, cui rimase fino al 1567.Nel 1412 in Riva si svolsero grandiose cerimonie e feste alla presenza dell’imperatore Sigismondo che in forma ufficiale investì Bernardone Anguissola del feudo di Riva, di Grazzano e di Montesanto. L’investitura fu poi riconfermata ai suoi discendenti, che ebbero il titolo di conte dai Visconti prima e poi dagli Sforza, i potenti Signori di Milano che avevano esteso il loro dominio anche su Piacenza.
Per tutto il medioevo il castello svolse  anche  la funzione di “ricetto”,  per gli abitanti dei dintorni che vi trovavano rifugio in caso di pericolo.
Attraverso varie generazioni gli Anguissola lo mantennero fino al 1567, anno in cui venne venduto al duca Ottavio Farnese, figlio di Pier Luigi assassinato vent’anni prima nella cittadella di Piacenza da un gruppo di congiurati, fra i quali predominava Giovanni Anguissola di Riva. Lo stesso duca Ottavio, che aveva fatto del castello il suo preferito luogo di vacanze, elesse il Castello di Riva a marchesato assegnandolo a Paolo Vitelli, valoroso e fedele capitano al servizio della casa Farnese.
Nel 1703 il feudo di Riva e Carmiano passò ai nobili Cesare e Carlo Maggi. Da 1735 circa, e per un certo periodo, fu in possesso dei Cusani di Milano poi, nel 1778, degli Sforza Fogliani e quindi dei conti Scribani-Rossi.  Verso la fine dell’800 e in parte del primo 900 ne fu proprietario il principe romano Don Emanuele Ruspoli. Questi, trovatolo in condizioni di completa rovina, dava inizio nel 1884 a costosi lavori di riattamento condotti dall’architetto Colla cui si deve pure il restauro del Palazzo Gotico di Piacenza. Dalle descrizioni dello studioso Paolo Corna, sembra che l’intervento sia stato piuttosto una ricostruzione in stile e che risalgono a quell’epoca l’innalzamento della torre maggiore, le cortine e i merli.
Dal 1930 gli attuali proprietari, completarono il restauro anche del parco interno alla mura. Durante la seconda guerra mondiale il castello fu requisito parzialmente da vari comandi militari che operavano nella zona: prima italiani, poi dal 1943 comandi tedeschi e della Repubblica fascista di Salò. Le SS lasciarono inciso su un secolare faggio i segni del loro tragico passaggio.
Due sono le leggende che aleggiano intorno al maniero. Secondo la prima, esiste un cunicolo sotterraneo che, partendo dalla torre rompitratta posta sul lato nord, passava sotto il fossato e si collegava ad un edificio adiacente al maglio di ferro*, dove probabilmente venivano conservate armi da fuoco. Un’altra versione narra di un condotto che metteva in comunicazione il castello di Riva con quello di Bicchignano, correndo addirittura al di sotto del greto del torrente.Di questa galleria si sostiene che se ne siano perse le tracce attorno al 1310, poiché gli abitanti del castello, visti a mal partito, vi si sono rifugiati all’interno, i nemici però preferirono farne franare le parti terminali, murandovi all’interno vivi gli avversari. Più probabile è che fosse presente un tunnel, di cui non vi sono comunque tracce, per garantire la fuga in caso di assedio.
La seconda leggenda ricorda la storia della figlia del fiorentino Niccolò Soderini, che era ospite della moglie del signore di Riva Gian Giacomo Anguissola, Beatrice Tedeschi, che divenne ladra per amore. Ella era innamorata di un uomo rozzo, sempre bramoso di denaro, difatti la figlia di Soderini rubò il tesoro al castellano e lo sotterrò sotto il mastio quadrato, in attesa che fosse arrivata l’occasione propizia perché il suo fidanzato lo andasse a dissotterrare, la quale, però, non si presentò mai ed il tesoro rimase sepolto dove l’aveva deposto la bella fiorentina. Lei fu la prima ad essere sospettata e venne gettata nel pozzo del taglio*. Per questo si dice che nelle notti di luna piena l’acqua del Nure (che passa direttamente sotto al mastio) emani bagliori di color verde smeraldo come la figlia di Niccolò Soderini, fatta ladra per amore.
Come ogni castello che si rispetti, anche quello di Riva ha il suo fantasma: si tratta della figlia del fiorentino Niccolò Soderini, ospite di Gian Giacomo Anguissola nel XV secolo: per compiacere il suo amante, un uomo disonesto e pieno di debiti, la ragazza rubò alcuni gioielli alla moglie del castellano. Scoperta, venne gettata viva nel pozzo del cortile. Nelle notti di luna piena, lo spettro della sventurata fa brillare di verde le acque del fossato, mostrando ai più coraggiosi il punto dove seppellì il tesoro prima di essere giustiziata.

Informazioni turistiche

Il castello è di proprietà privata.
Per contatti: info@castellodiriva.it
Sito internet: www.castellodiriva.it

Fonti

www.emiliaromagna.beniculturali.itwww.castellodiriva.itit.wikipedia.org
Foto di Francesco Favalesi – (www.francescofavalesi.com) – Giacomo Turco (giames78.blogspot.it) – www.emiliaromagna.beniculturali.itwww.castellodiriva.itwww.mondimedievali.net

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