In attesa di Vincenzo Caputo, il neocommissario alla peste suina che sarà presto a Genova, prima, e nel Basso Piemonte, poi, con il suo predecessore Angelo Ferrari, sul fronte della campagna di eradicazione della malattia ecco nuove sconfortanti notizie. La prima: il numero di carcasse infette tocca per la prima volta quota 400 e conferma la crescente diffusione della malattia che colpisce cinghiali e maiali. La seconda: le barriere anti-cinghiali servirebbero a poco o nulla, almeno secondo quanto denuncia Roberto Costa, presidente Federparchi Liguria, con tanto di materiale fotografico sulle «recinzioni colabrodo».
Per quanto riguarda i ritrovamenti di carcasse infette nella zona di protezione, il numero è salito a 269 in Piemonte e a 131 in Liguria, per un totale di 400 unità, 13 in più rispetto all’ultimo aggiornamento. Dieci nuovi casi riscontrati in provincia di Alessandria: tre a Cassinelle (12 dall’inizio dell’emergenza), uno a Grondona (19), uno a Molare (8), 4 a Morbello (26), uno a Novi Ligure (8). Tre, invece, i nuovi casi individuati in Liguria, a Sassello, nel Savonese(26).
Sul fronte delle barriere anti-intrusione, che dovrebbero impedire agli ungulati di lasciare la zona rossa, è appunto Roberto Costa a segnalare una situazione pericolosa con tanto di reportage fotografico. Il responsabile di Federparchi Liguria è stato nella zona di confine fra Liguria e Piemonte, precisamente fra Costa Salata e Bric Camere, vicino al Parco dell’Antola. «Come ho potuto verificare durante una recente escursione, la situazione non è delle migliori», dice Costa: «La rete che ho controllato fa parte di un lotto di lavori appaltato da Regione Piemonte che riguarda il settore Borghetto Borbera-Mongiardino (costo un milione e 300 mila euro). La recinzione è discontinua, è facile il transito fra le due regioni in corrispondenza del valico ed anche lungo la recinzione stessa sono presenti numerosi cancelli visibilmente privi di rete». Inoltre, la sistemazione della rete in corrispondenza di rivi e avvallamenti consente agli animali, scavando nel terreno smosso, di transitare agevolmente al di sotto. «Infine – conclude Costa – attorno alla recinzione si trovano ancora rifiuti di ferro, plastica e cartone, abbandonati al termine dei lavori. Viene spontaneo domandarsi a che cosa sia servita una tale opera, incompleta, costosa e che comporta difficoltà di accesso ai boschi. Non sarebbe stato forse più pratico e meno costoso utilizzare le recinzioni per proteggere in modo efficace dall’avvicinamento dei cinghiali gli allevamenti di maiali?», si domanda Costa. Caputo non entra nel merito della questione: «Studierò il problema e indicherò le possibili soluzioni non appena sarò pienamente operativo».
Edoardo Meoli
Articolo tratto da Il Secolo XIX del 01/03/2023
Fotografie di Roberto Costa
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