La vera storia della piccola vedetta lombarda

La sua storia ci è stata raccontata da Edmondo De Amicis nel 1886 nel libro Cuore, romanzo ambientato a Torino durante gli anni del Risorgimento e formato da una serie di racconti, tra i quali figura quello della Piccola Vedetta lombarda. Sono gli anni in cui anche la letteratura sposa la causa dell’Unità, cercando di infondere anche nei più giovani quei valori di amor di patria, sacrificio e lotta per la libertà contro la tirannide straniera, che hanno portato nel 1861 alla nascita del Regno d’Italia.

“Nel 1859, pochi giorni dopo la battaglia di Solferino e San Martino…”.comincia così il racconto di De Amicis, tratto dal libro Cuore, della Piccola vedetta lombarda, che sembra togliere ogni dubbio sulla collocazione dell’episodio, nell’ambito della battaglia di Montebello.

Un bambino di 12 anni, arruolato dai soldati francesi e italiani per segnalare i movimenti dei nemici, che si era arrampicato su una pianta tra Campoferro e Montebello, in Oltrepò Pavese, venne colpito in pieno petto da una palla di fucile sparata da un cecchino austriaco, diventando così il primo eroe della Lombardia libera: la piccola vedetta lombarda, la cui storia è stata raccontata nel libro Cuore, da Edmondo De Amicis; oggi quel ragazzo ha un nome. Secondo due storici, Daniele Salarno e Fabrizio Bernini, il bambino orfano e contadino, sarebbe Giovanni Minoli, nato il 23 luglio del 1847, il cui nome sarebbe stato ritrovato in un archivio a Milano. La famiglia adottiva della piccola vedetta lombarda abitava a poche decine di metri dall’albero su cui era salito.
Il reparto di cavalleria fece immediato ritorno a Voghera, dov’era insediato il quartier generale franco-sardo del generale Forey, per riferire l’accaduto e accompagnare Minoli in ospedale.
La grave ferita al polmone e la pochezza delle tecniche mediche del tempo, portarono Minoli alla morte dopo sei mesi di sofferenze, nel dicembre 1859, fino all’ultimo giorno vegliato da soldati piemontesi e francesi.

La vicenda venne raccontata dallo scrittore Edmondo de Amicis, con alcune varianti (nel romanzo il ragazzo muore quasi subito mentre nella realtà morì dopo qualche mese; inoltre si legge di un frassino mentre nella realtà si trattava di un pioppo), nel libro Cuore e divenne celeberrima, ma fu sempre considerata come frutto della fantasia del romanziere, generato nel quadro dell’imperante retorica risorgimentale che, in quegli anni, pervadeva la letteratura italiana.
Del piccolo eroe non c’è la tomba: dopo sette mesi di agonia tra i soldati feriti in battaglia, le sue spoglie non erano state richieste neppure dalla famiglia di contadini che lo aveva adottato.
Il monumento ai caduti della battaglia di Montebello viene commemorato ogni anno.
L’ossario di Montebello, dove riposano i resti dei 440 caduti (331 Austriaci e 109 Franco – Piemontesi) si trova a un paio di chilometri dall’epicentro della battaglia ed i luoghi non sono cambiati molto da allora; c’è sempre la strada (adesso, ovviamente, asfaltata) che lambisce le colline e c’è la chiesetta di Santa Maria di Loreto.

Da 150 anni a Voghera c’ è un pellegrinaggio all’albero del Cuore che è un gelso di 300 anni – e non un frassino come scrive De Amicis – salvato dal tracciato della tangenziale e assicurato dall’Anas per due miliardi di lire.

https://www.facebook.com/ilcuriosonevarese/

Lascia un commento