Il Ponte Coperto è il simbolo della città di Pavia

Ogni città ha un monumento o una peculiarità che la rende unica: Milano ha il Duomo, Firenze la cupola di Brunelleschi, Vigevano la piazza Ducale e Pavia ha il suo ponte coperto, conosciuto dai cittadini anche come il “ponte del diavolo”, che con i suoi 200 metri di lunghezza collega il centro storico della città con Borgo Ticino, il quartiere situato niente poco di meno che lungo l’argine del fiume.
Chiunque lo pratichi, lo percorra o comunque lo fotografi, può notare di come il ponte sia formato da cinque arcate e risulti completamente coperto, con due portali alle estremità e una cappella religiosa al centro.
Costruito tra il 1351 e il 1354, il ponte attraversa il fiume Ticino e si trova sui resti di un antico ponte romano che collegava le due sponde, presso quello che all’epoca era un villaggio di nome Ticinum. Il Ponte Coperto divenne subito un luogo simbolo per Pavia, una sorta di porta di accesso entro la cinta muraria della città, mentre l’estremità meridionale conduceva al quartiere di Borgo Ticino, situato fuori le mura. Oltre all’indubbia bellezza estetica dovuta alla sua splendida architettura ad archi e alla presenza del tetto, cosa rende questo monumento così speciale per i cittadini e imperdibile per i turisti che visitano la città? Le leggende che circolano intorno alla sua nascita, la sua storia e bellezza secolari e l’eredità che lascia per il futuro.
Ma perché si chiama ponte del diavolo? Secondo la tradizione infatti il ponte sarebbe nato la sera di una vigilia di Natale, pochi giorni prima dello scoccare dell’anno 1000 d.C. Era una serata invernale tipicamente nebbiosa, e le barche non erano in grado di navigare da una sponda all’altra del fiume a causa della scarsa visibilità. All’improvviso si manifestò il Diavolo in persona! Si avvicinò ai pavesi e si offrì di costruire un solido ponte che permettesse loro di attraversare facilmente il Ticino. “Cosa vuoi in cambio?” gli chiesero. Il Diavolo disse che avrebbe preteso come ricompensa la prima anima che lo avesse attraversato. I pavesi sembrarono accettare lo scambio. Ma quando il ponte fu costruito, grazie al consiglio dell’Arcangelo Michele, che si era mescolato alla folla, inviarono per primo sul ponte un caprone. In questo modo riuscirono a ingannare il Diavolo, che dovette andarsene senza poter reagire in alcun modo, dato che il patto era stato effettivamente rispettato.
Pavia è un polo-culturale grazie anche alle tante facoltà universitarie ivi presenti. Tanti illustri studiosi hanno trascorso una parte della propria vita in città, tra cui un certo Albert Einstein. L’ideatore della teoria della relatività, prima di diventare uno dei più illustri fisici e scienziati di tutti i tempi, a quindici anni era solito passeggiare sul ponte insieme alla sorella Maja e all’amica d’infanzia Ernestina Marangoni, con la quale rimase in contatto epistolare anche dopo essere diventato famoso. Una targa ricorda ancora oggi il testo di una delle loro lettere, in cui Einstein rivolgeva un pensiero al “bel ponte di Pavia” di cui ha sempre portato con sé il dolce ricordo. Tradizione, storia e amore: chi nell’età delle mele non si concede una passeggiata lungo il ponte insieme alla propria dolce metà. I tanti lucchetti ivi presenti sono lì a dimostrarlo. C’è chi non lo considera solo come un monumento da preservare, ma anche, metaforicamente parlando, come un ponte di collegamento verso il futuro. Passato, presente e futuro che si uniscono con un tocco di sublime armonia.

Edoardo Varese

(Articolo tratto dal numero del 03/02/2025 del settimanale “Il Punto Pavese”

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