Ci sono cose che tutti sanno masticare in un paese come poesie, ma nessuno ricorda come o perché. Sono le cose che tutti raccontano, e poi si ride e si piange nel ricordarle. Le cose che nessuno ha mai saputo scrivere, su come si trebbia e come si fila la lana, eppure vengono raccontate a memoria ad ogni pranzo di famiglia. Sono le cose che dicono cosa sia un paese.
Filippo Agostino Castelli, classe 1946, le voleva salvare tutte, «perché ce le avevo in testa, e lo dovevo alla nostra gente». Alle porte delle poche case di Cerignale rimaste ancora aperte si è presentato così, come “u figgio du Ligion di Zan, d’Sergnè”. Dodici gli anni di ricerca, con il taccuino in mano del suo essere insegnante di Lettere in pensione, «impreparato e solo», ha detto, mentre si è fatto forza ricordando cosa gli diceva il suo papà contadino, sempre accanto alla sua mamma: «La terra non regala niente, ma è leale, rispettala oggi e domani ti ripagherà». Il tempo è passato, sempre con quel taccuino in mano, ma la terra gli è stata fedele: oggi la ricerca è un libro di 394 pagine, pubblicato da Gallo edizioni con il patrocinio del Comune di Cerignale: «Una bibliografia vivente», lo definisce l’autore.
Ci sono i personaggi – chi ricorda Giuannon da Cromba? – i giochi del passato, come trampoli e gallisoppo, e si celebrano gli avvenimenti: la penicillina arrivata a Cerignale nel 1946 ad esempio, quando nella neve si camminava nelle trincee, e un bimbo appena nato rischiava di morire. Fu il dottor Luigi Negri da Salsominore a portare una fialetta, “una scopa per i polmoni”. Il neonato si salva. Si scopre che è lo stesso Filippo Agostino Castelli, ancora oggi si commuove al pensiero.
Nel libro si sente il profumo delle castagne grosse e del formaggio del prete, ci sono i vigneti, i proverbi. «Ho studiato tutti i mulini uno ad uno», precisa l’autore. Ha un sogno: che venga valorizzato il costruttore di violino Lorenzo Guadagnini, padre di Giovanni Battista, nato a Cerignale nel 1685, dove viene battezzato il 22 dicembre e dove ha fatto anche il macellaio. «Bisognerebbe ricordarlo, fare di più». Il libro già gli rende un po’ di giustizia, tra i 93 nomi e cognomi citati: «Spero di non averli delusi». Di certo non ha deluso la sua nonna. Gli diceva sempre, a Cerignale: “Ninno, scriva, mi n’son in grèdo”. “Nino, scrivi, io non sono in grado”. Eppure quante storie ha raccontato. Il libro, disponibile anche nelle librerie di città Fahrenheit, Romagnosi e Mondadori, per fortuna le ha raccolte tutte.
Elisa Malacalza
(Articolo tratto dal N° 36 del 31/10/2024 del settimanale “La Trebbia”)
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