«Nel dibattito a “Nel mirino” Marco Mareggi, docente del Politecnico – afferma che il tema dello spopolamento non si affronta più con l’obiettivo di tornare a crescere, semmai per fermare l’emorragia di popolazione oppure per abitare in luoghi oggi poco abitati. È un tema però poco affrontato». Negli anni 50 le montagne erano piene di persone, prosegue Mareggi, ma l’Appennino piacentino aveva un problema di migrazione stagionale, con molti lavoratori che se ne andavano nelle risaie della Lomellina. «Oggi bisogna invece pensare come lavorare sulla contrazione. Si deve mettere in conto che alcuni territori andranno perduti, ma da una contrazione subita si passerà a una contrazione consapevole». Quindi spiega: «Alcuni luoghi torneranno alla natura, l’immagine di un vigneto coperto dai rovi e che torna a essere un bosco è magari brutta, ma significa tutelare la montagna e la grande risorsa green che offre».
Sia Mareggi sia il ricercatore del Polimi Giovanni Lanza mettono in risalto uno dei problemi principali di chi vive in montagna: «Alcuni servizi mancano, ad esempio ci sono problemi di connessione, alcune aree non hanno la fibra ottica oppure c’è ma non funziona. Occorrono investimenti pubblici».
Lanza insiste sulla rivitalizzazione delle aree interne. «Oggi se si va in un bar di Ottone si constata come l’età media di chi lo frequenta sia alta. I luoghi dell’alto Appennino non trattengono energie giovani. Le stesse famiglie i cui figli scendono in città per studiare sono in difficoltà. È dunque necessario investire in strutture che siano di supporto alle famiglie, come valorizzare di più la soluzione del bus a chiamata».
È pur vero che qualche inversione di tendenza c’è: gli agricoltori montanari. «C’è un recupero dell’agricoltura profes sionale – chiude Lanza – molto positivo certo, ma non è un fenomeno massivo che cambierà le sorti dell’Appennino»
(Articolo tratto dal N° 35 del 25/10/2024 del settimanale “La Trebbia”)
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