Nella saggezza popolare, tramandata oralmente nelle nostre valli, si scorge d’un tratto la leggiadra figura della “Bella di Torriglia”, rimarchevole presenza femminile della ridente località della Val Trebbia, ricordata per essere stata corteggiata da tutti, ma prescelta da nessuno, per convolare definitivamente a nozze.
Ardua è l’impresa di identificare compiutamente tale donna, ricordata nel tempo, sebbene giovi menzionare che una certa Rosa Garavegna, contraddistinta da un cognome tipico locale, che tra l’altro riconduce ad una celebre frazione dello stesso comune ligure, sarebbe vissuta nel XIX° secolo ed addirittura riportata in effigie nel periodico settimanale illustrato “La Farfalla”, con il titolo di “Regina di Torriglia”.
D’altronde la “Bella” ispirerà poi l’artista Piero Lumachi che l’ha ritratta ad olio su lino ubicato sotto l’arco in Piazza Fieschi, immaginandola all’interno della sua abitazione, nel contesto della quotidianità domestica, in cui sullo sfondo dalla finestra s’intravvede in prospettiva Via Roma, connotata dal tradizionale selciato.
La medesima figura femminile diventerà in seguito protagonista dell’omonima commedia dialettale genovese ideata da Enrico Scqravelli, ambientata nel 1930 ed incentrata sulla eredità ricevuta dalla minore Arabella, la cui beltà non rispecchia l’etimologia, tutelata fino alla maggiore età dal podestà, dal medico e dal parroco, nel contempo incaricati di trovare un consorte alla donzella.
Dulcis in fundo, la “Bella di Torriglia” è altresì una rinomata specialità di pasticceria, ovvero una torta a base di pasta frolla e mandorle, annoverata tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali nazionali (PAT), che in questo caso tutti possono desiderare e sicuramente con dovizia gustare, senza alcuna delusione.
Alessandro Rapallini
(Articolo tratto dal N° 18 del 23/05/2024 del settimanale “La Trebbia”)
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