Tempo fa il sindaco del comune più piccolo della regione ci aveva provato. Aveva insistito. Ci aveva sperato. “Ridateci le armille”, aveva chiesto al Castello Sforzesco, da Zerba, Piero Rebolini. Per cinquant’anni il primo cittadino ha lavorato a Milano.
Appena aveva una pausa in azienda, correva al Castello per rivedere, protetti dalla teca, quegli otto bracciali di bronzo massiccio trovati per caso da un contadino vicino alla torre Malaspina del suo paese, nel lontano 1888. Una bella fiaba, quella dei bracciali, che però è finita nel nulla e senza lieto fine, per oltre un secolo, per Zerba.
Ora Rebolini è tornato alla carica, scrivendo di suo pugno questa volta non più al museo ma al sindaco di Milano Beppe Sala.
“Zerba domanda ai milanesi, rivolgendosi fiduciosa e con molta umiltà al loro sindaco, di riavere almeno un bracciale, anche in copia in plastica tridimensionale, da collocare con molto orgoglio nella sala del nostro consiglio comunale. La nostra valle ha custodito per tremila anni quei cimeli, sebbene inconsapevole”, si legge.
La lettera si conclude con un “Possiamo parlarne?” e l’invito a Sala a visitare Zerba: a lui, in caso accetti l’invito (e si presenti almeno con una copia dei bracciali), sarà dedicata la “Giornata delle armille”.
E’ sfida tra Zerba e Milano per le armille trovate nel comune dell’Alta Val Trebbia a fine Ottocento. Era stato Giuseppe Carbone a ritrovare – del tutto casualmente – otto armille che formavano un unico bracciale in bronzo decorato con motivi geometrici di età romana. Le trova scavando una buca nei pressi della torre medievale che faceva parte del castello dei Malaspina. Le armille vengono trasferite subito in sicurezza. Qualcuna vola al museo civico di Milano, altre finiscono al museo di Como, e altre ancora al Pigorini di Roma, passando poi al Castello sforzesco di Milano.
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