Alla ricerca del “Funtanin” del torrente Boreca

Innanzi all’opera pittorica di Tiziano, intitolata “Concerto campestre”, realizzata dall’artista nel 1509 ed attualmente custodita nel museo Louvre di Parigi, si può intuire la sagace allegoria dei quattro fondamenti della cosmogonia rinascimentale (l’Aria, l’Acqua, la Terra ed il Fuoco), che a sua volta affonda le proprie radici nel pensiero presocratico. In effetti Talete individua nell’acqua il principio di tutte le cose (“arché”); del resto per Anassimene è l’aria alla base di tale principio, distinguendosi altresì da Eraclito, che predilige il fuoco quale elemento essenziale, fino a giungere ad Empedocle, che perviene all’elaborazione della teoria concernente le quattro “radici” primordiali.
Si precisa che, proprio secondo il filosofo greco Eraclito, “tutto scorre” (“panta rei”), nel continuo divenire rappresentato dalla metafora della corrente di un fiume; inoltre lo stesso erudito descrive le mirabili peculiarità del prezioso elemento naturale poiché “a chi discende nello stesso fiume sopraggiungono acque sempre nuove” ed ancora “non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento si disperde e si raccoglie, viene e va” (“Frammenti”, VI-V secolo a.C.).
Percorrendo la Strada Provinciale n. 18 da Valsigiara verso Zerba, prima della Frazione Cerreto, s’incontra il bivio che conduce alla “Strada di Tartago”, assaporando i profumi intensi di menta e timo selvatico, generosamente elargiti nell’attraversamento del bosco, mentre all’approssimarsi dell’omonimo ponte, ricostruito nel 2022, si può scorgere sul lato destro del torrente Boreca, un antico mulino ed in prossimità l’arduo cammino, che rivela il tracciato del “Funtanin”, ossia una sorgente d’acqua cristallina, che sgorga e discende dalle pendici del Monte Alfeo.
Si contempla in tal modo la bellezza di una fonte preziosa di vita, che dall’alto verso il basso si promana, essenziale, oggi come allora, per il sostentamento e l’agricoltura locale, nascente dalla roccia di un monte appenninico, venerato fin dai tempi remoti nell’elevata sommità, retaggio ancestrale del culto celto-ligure delle acque e delle vette.

Alessandro Rapallini

(Articolo tratto dal N° 30 del 07/09/2023 del settimanale “La Trebbia)

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