Il Lupo, predatore elusivo e mai aggressivo, è diventato un emblema della connessione alla natura e alle forze spirituali più eccelse. Animale totemico, è il dodicesimo animale della ruota del Nativi d’America, simbolo di libertà e indipendenza, rappresenta un costante dualismo tra solitudine e compagnia. Nell’immaginario collettivo, infatti, il lupo è un animale societario ma anche un animale solitario e schivo che sin dagli albori dei tempi condivide con l’uomo il globo terracqueo. Premesso questo lato affascinante e misterico del lupo vi propongo una intervista che da tempo desideravo realizzare incontrando uno, credo, dei massimi esperti sul campo per quanto concerne il lupo. L’occasione è nata da uno scambio di informazioni circa la presenza del Lupo in terra piacentina, presenza oggi diffusa non solo sulle Terre Alte appenniniche ma anche in collina e pianura padana.
Ne abbiamo parlato con Ugo de Cresi, osservatore naturalista.
Cosa ti lega, Ugo, al territorio Piacentino?
Un amore giovanile, una lunga attività agonistica in mountainbike, il volo dei droni e lo studio della fauna selvatica, ma prevalente è la dipendenza da burtlèina e pisarei e fasò.
Da quanto tempo ti occupi degli animali nelle valli Piacentine?
Dal 2008; stavo fotografando un nutria in acqua a Mottaziana e intanto ai margini del campo passarono due lupi. Non erano ancora disponibili le fototrappole quindi installai una go-pro al tronco di un alberello con scatto preimpostato ogni 8 secondi. Passarono caprioli, cinghiali, e una volpe ma niente lupi. Da allora ho aumentato a raggio la mia zona di osservazione.
Come funziona la vostra rete di contatti?
Molto semplice. Tranne un lungo periodo con Greenpeace non mi sono mai legato ad associazioni ambientaliste preferendo il contatto diretto con le persone sul territorio a cui chiedevo dati ma in cambio offrivo i miei dati. Quando le persone ti trovano sul territorio alle sei di mattina con la pioggia capiscono che di te si possono fidare e inizia un rapporto di fiducia che oggi comprende centinaia di contatti in tutta Piacenza e provincia. Il fatto che diverse di queste persone abbiano deciso di acquistare una fototrappola per monitorare il loro territorio ha impresso una accelerazione fondamentale allo studio della fauna selvatica. Per il monitoraggio dello Sciacallo avevamo la disponibilità della forza di 82 strumenti di rilevazione.
I lupi sono in aumento e aumenteranno di numero?
Sono due i principi di cui tenere conto: il primo è rigorosamente naturale – laddove vi sia una elevata concentrazione di canidi interviene la natura con rogna e parvovirosi; il secondo ragionamento è riferibile ad una differenza ignorata da molti. I lupi non compongono branchi ma famiglie composte da padre, madre, zie e così via. I branchi sono formati da cani inselvatichiti, pericolosi e aggressivi verso l’uomo. Le strutture familiari dei lupi sono estremamente elastiche. A seconda del periodo dell’anno possiamo contare più adulti e cuccioli che pochi mesi dopo riducono anche del 50% il loro numero. Il nucleo di Bobbiano/Monteventano lo ha appena fatto.
Arriviamo al fenomeno delle interazioni lupi/cani
Argomento spinosissimo ma che se ricondotto a metodi scientifici diventa chiaro e comprensibile. Per studiare l’argomento dobbiamo partire da evidenze certe e certificabili nell’interesse stesso di chi dichiara di aver subito una predazione sull’animale d’affezione da parte dei lupi. Al momento non riusciamo in nessun modo ad acquisire evidenze di tali fatti sia in ambiente antropico che -soprattutto – nei boschi. Nessuno si chiede come mai con tutti i cani smarriti nei boschi i lupi debbano andare a predare proprio quelli vicini alle case. A Piacenza e provincia operano circa 400 fototrappole e finora nessuno strumento ha mai registrato un video di predazione di lupo su cane. Finché dobbiamo prendere atto dei “racconti” di chi lamenta predazioni su cani non possiamo aiutare in nessun senso. Emblematica è la vicenda dell’arrivo dei lupi in una villetta con tentativo di predazione su un cane ma nessuna delle sei telecamere di sorveglianza ha ripreso l’evento. La foto della carcassa di un cane non è una prova. Ci siamo rivolti ai soggetti istituzionali che hanno comunicato più volte in Prefettura un numero spropositamente inferiore ai 200 cani individuati come sbranati dai lupi.
Molti sostengono che è in aumento la popolazione di lupi ibridi.
Ci si decida: o i lupi i cani se li mangiano o ci si accoppiano, delle due l’una. Il tema è complesso e comprende fenomeni paralleli come il randagismo, i cani padronali lasciati liberi e l’aumento di cani smarriti.
Si arriverà ad una convivenza con i lupi?
Dipende dal tessuto sociale. I lupi, come i cittadini, si trovano in mezzo a mondi che non si incontrano mai poiché arroccati su posizioni estremiste che distorcono informazioni e comportamenti. Le associazioni venatorie, gli ambientalisti, la politica, sono realtà che non entrano mai in contatto se non per scontrarsi. Noi siamo equidistanti da tutti e lavoriamo nell’interesse dei lupi e dei cittadini
Il mio vissuto novembre 1984
“Il tramonto, dopo aver lungamente drappeggiato con veli di caldo colore l’ovest, finalmente appagato, esaurita l’infinita serie dei toni caldi, lasciava spazio ai colori dell’incipiente notte: il perso, l’indaco, il violetto ed il blu.
Sulla grande pianura vampe di calore ritmicamente si contrapponevano, rivaleggiando, ai lampi dei cumuli, sovrastanti le cime delle Terre Alte, illuminati dall’ultimo chiarore.
L’aria era pesante, immota, densa, quasi spessa e solida; non un rumore disturbava la serotina quiete del crinale, non un’erba ondeggiava né una foglia dei boschi ormai cupi stormiva.
L’uomo sedeva accanto ai resti del bivacco, terminata la frugale cena osservava il baluginare delle braci e delle faville che simili a folletti danzavano con ritmi d’un mondo che non c’é.
Vicino a lui, accucciato, il cane sonnecchiava recuperando le forze spese nella lunga giornata di cammino tra forre, pascoli incolti, antichi terrazzamenti e luoghi abbandonati dall’uomo.
Ed ecco, improvviso, un lungo ululato; s’inizia lieve e cresce conquistando l’aere.
Il cane scatta, inarca la schiena col pelo irto, la coda ferma tra le gambe, le orecchie s’agitano mentre con gli occhi osserva, scruta il vicino margine boscato.
L’uomo alza il volto, un largo sorriso lo illumina e distende i tratti violati dall’ingiuria del tempo e di tante stagioni passate tra valli e borgate; corre la mano ad accarezzare l’animale che si siede e si stringe all’amico umano a cercar forza, fiducia, coraggio.
E si ripete l’ululato, ora più vicino, più forte, tagliente, dominatore.
Uomo ed animale fissano lo sguardo sulla sovrastante linea divisoria tra cielo e terra… nulla… poi, di colpo quasi magicamente, senza un rumore, una siluette si staglia nitida, ed un’altra e, poi, un’altra ancora lievemente discosta più minuta ma pur sempre fiera.
Il Lupo è arrivato!”
Il lupo, animale reale od immaginario? Come rendere reale l’immaginario collettivo del lupo di Cappuccetto Rosso
Basta poco per rendere reale una figura immaginaria specie oggi dove i mass media battono a mani basse la credulità e la latina ignorans del volgo.
A seguire ecco come è visto oggi il nostro Canis lupus italicus grazie alle informazioni spesso divulgate.
Il lupo è stato reintrodotto; quindi, così come qualcuno l’ha messo, si può togliere; hanno reintrodotto lupi ibridi, extracomunitari.
I verbi e le perifrasi sono sempre estremi: al semplice “mangia” ecco un “divora”, “dilania”, “riduce a brandelli”; il lupo non si muove, “s’aggira” e “scende dai monti spinto dai morsi della fame”; praticamente è uno stomaco vagante.
Altra via è creare il panico con titoli del tipo: “la situazione è fuori controllo”, “non siamo più tranquilli”, “la situazione è sfuggita di mano”, “prima o poi ci scappa il morto”, “finiti i cani, cominceranno con i bambini”.
Suggerire una reazione negativa: “prima o poi qualcuno si farà giustizia da solo”, “gli abitanti sono stanchi di avere paura”.
Rimarcare che la numericità sul territorio è spaventosa; che si vedono tutti i giorni, che sono ovunque.
Farli sembrare molto più grandi: peso intorno ai 50, 80 chili.
Ribadire continuamente che sono vicini a noi rendendo l’idea di un vero e proprio assedio: lupi in città, nelle case, nei cortili, vicino alle scuole, ai centri sportivi, agli ospedali.
Descrivere come cosa straordinaria e raccapricciante la naturalità dei fatti: un lupo sbrana un capriolo e per aumentare l’effetto aggiungere sempre “vicino alle case”.
Battere la strada dell’ibridazione e, quindi, eccoli più pericolosi perché non hanno paura dell’uomo; il lupo ibrido dà l’idea del diverso, di qualcosa da togliere.
Ribaltare in negativo molte cose che potrebbero essere positive: il lupo divora i cerbiatti non ponendo accenti sulla capacità selettiva della sua caccia.
Dargli colpe che non ha, tanto la gente è stupida e crede a tutto. Per esempio: il lupo divora le patate e distrugge i campi seminati, provoca incidenti.
Non prendere mai posizioni dirette ma utilizzare “dicono”, “è opinione diffusa”, “gli abitanti si lamentano”. Questo serve anche a illudere che ciò che si scrive sia condiviso da una comunità o da più persone.
Intervistare sempre quelli che confermano tutte le cose scritte finora; dare anche voce agli esperti veri, ogni tanto (molto poco), questo serve per ribattere alle accuse di essere di parte.
Creare finti incidenti a cui tanto la gente crederà. Per esempio, un agricoltore assalito dal lupo che si è salvato lanciandogli mazzette e giratubi (scrivere che si era certi che fosse un lupo perché ululava), un altro che è sopravvissuto grazie al badile e un allevatore a cui il lupo… non so, facciamo che gli ha scucito i pantaloni.
Descrivere il lupo come un limite: per gli allevatori, i cercatori di funghi, gli escursionisti, i proprietari di cani.
Pietro Nigelli
https://www.ilpiacenza.it/(23/04/2023)
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