In diversi paesi è ancora viva la tradizione di accendere fuochi propiziatori, per accogliere l’arrivo della Primavera e dei nuovi raccolti, in corrispondenza dell’arrivo del Carnevale.
Tali roghi avvengono con il sopraggiungere dell’oscurità e consistono nel bruciare nei campi i rami provenienti dalle potature delle piante, pensando di tenere lontane le insidiose gelate primaverili e preparando i terreni per i lavori agricoli venturi.
I fuochi carnevaleschi si svolgono generalmente il “martedì grasso” e vede protagonista il fuoco purificatore che possa in qualche modo sanificare le preziose sementi e garantire frutti abbondanti, essenziali nell’economia rurale di sussistenza.
A seconda della luminosità del fuoco e del colore della cenere prodotta dal rogo, anticamente gli anziani contadini potevano altresì formulare pronostici inerenti l’andamento delle coltivazioni dell’annata e veniva considerata buona norma cospargere il campo della cenere in questione.
Si rammenta che un tempo a Cerreto di Zerba era presente un’usanza diffusa fra i giovani adolescenti che consisteva nel bruciare della legna di ginepro, denominata “fuglià”, che veniva accatastata in località “Campo Cerreto” (“Campu Sareiu”).
I fuochi del Carnevale si inseriscono così nei riti della Luce, che dall’Epifania, alla Festa di Sant’Antonio, fino a quella di Sant’Agata, segnano il passaggio dall’Inverno alla bella stagione.
Alessandro Rapallini
(Articolo tratto dal N° 5 del 09/02/2023 del settimanale “La Trebbia”)
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