Il proiezionista chiede agli spettatori quale possa essere il momento migliore per far partire la magia: «Ma l’avete letto il libro di Paolo Cognetti?». Chi scrive è l’unico, dei cinque presenti in sala, a non aver trovato il tempo di leggerlo. Insomma, cerco di far finta di nulla, ma intanto si respira l’atmosfera di “Nuovo Cinema Paradiso” (vedi Tornatore) nel cinema, non nuovo ma ormai storico, di Bobbio.
Fortunatamente niente nubi di fumo, né sputacchiere, né pellicole facilmente infiammabili. Ci mancherebbe altro. Però “Le Grazie” – questo il nome della struttura – è un salto nel passato, senza alcuna venatura ironica. L’esistenza di un posto come questo, in un paese di tremila abitanti, sebbene “drogato” dal grande afflusso di turisti nel weekend e in estate, è di per sé una vittoria.
Alla proiezione delle 21.15 solo cinque persone staccano il biglietto. D’altronde è un mercoledì di gennaio. Nei bar di Bobbio si guarda Inter-Napoli. Per le strade solo qualche gruppetto di giovanissimi sfida il freddo.
Il film è “Le otto montagne”, con protagonisti Luca Marinelli e Alessandro Borghi, due attori che ce l’hanno messa tutta per uscire dai ranghi dei loro ruoli abituali, ben lontani dai profili dei protagonisti, Pietro e Bruno. Gli spettatori, come detto, si contano sulle dita di una mano, ma il riscaldamento funziona lo stesso. Si andrà in perdita, però il rispetto verso il pubblico non viene meno. Chapeau (o «sciapò», per dire una Cassanata). I sedili sono comodi. Una coppia di fidanzati, già dalle prime scene, ci tiene a sottolineare ancora di più l’effetto retrò, scambiando carezze e affettuosità (nel lecito) durante tutto il film. Anche questo fa brodo, un altro richiamo alle sale di una volta.
Niente pubblicità, nessuna pausa tra il primo e il secondo tempo. Il film a “Le Grazie” scorre via liscio come il corso d’acqua dove i protagonisti spesso si recano. I temi principali toccati da “Le otto montagne” sarebbero ben altri, però, qui a Bobbio, dopo aver viaggiato in auto tra la Valdaveto e l’Alta Valtrebbia, viene da pensare alla “montagna povera”. Anche nella pellicola, ambientata negli anni Ottanta, la montagna rappresentata è abitabile solo d’estate, per scappare dal lavoro, dalla routine, dal caldo opprimente. Chi rimane lo fa solo a suo rischio e pericolo (di povertà). È così impossibile poter organizzare una vita familiare a certe altitudini, tutto l’anno, realizzandosi in una professione? Tristi pensieri vanno e vengono, ma questo è un altro discorso.
Alla fine della proiezione, per pochi intimi, breve cineforum nel corridoio tra titolari, proiezionisti e spettatori, con confronti tra libro e film. Una tappa alla toilette costringe a vedere ai muri tutte le locandine dei mitici cinepattoni degli ultimi trent’anni e delle commedie campione d’incassi (una volta, in un’altra epoca) di Leonardo Pieraccioni.
La butto lì. Se passate per Bobbio e vedete una locandina di un film che vi interessa, perché no? È un bel modo per trascorrere il tempo libero, sempre prezioso e caro. Un semplice consiglio, tutto qui.
Filippo Mulazzi
https://www.ilpiacenza.it/ (22/01/2023)
Related Posts