Se l’anima di un paese si ritrova nei suoi simboli, allora quella di Montoggio è tutta nei ruderi misteriosi del suo castello e nella storia dei Fieschi, ritirati lassù dopo la congiura e raggiunti dalla furia dei rivali Doria, signori di Genova.
Ribelle e un po’ scontrosa, Montoggio lo è ancora adesso: primo Comune della Valle Scrivia oltre i confini del capoluogo, fiera delle sue peculiarità. Capace di reagire alle avversità. «L’alluvione del 2014, e poi quella del 2015, avevano devastato Montoggio, qui era tutto coperto dal fango – racconta il sindaco Mauro Fantoni – ma oggi abbiamo a disposizione tre milioni di euro stanziati dalla Regione, in parte con fondi europei, per la costruzione di uno scolmatore e l’ultimazione delle opere che metteranno Montoggio in sicurezza». Il capitolato è pronto, e a breve la Regione indirà la gara per affidare i lavori.
Il rio Carpi, a vederlo adesso, è un rigagnolo che non fa paura. Ma una costruzione privata che ne sovrasta il corso, strozzandone la portata a pochi metri dal paese, fa capire che è spesso colpa dell’uomo, quando la natura si ribella. «L’alluvione è stata brutta ma ci siamo rialzati, tanto lavoro è stato fatto dal Comune», racconta Aldo Balestrero, responsabile dell’associazione “Volontari antincendio boschivo – Protezione civile Montoggio”.
Il castello che non c’è
A Montoggio si respira la storia in mille sfaccettature. Tornando all’orgoglio ribelle del paese, chi oserebbe negare la genovesità di Giovanni Battista Perasso detto il Balilla, che il 5 dicembre 1746 diede inizio alla rivolta contro gli austriaci? Per la memoria comune, Balilla era il ragazzo di Portoria.
«I Perasso sono tutti originari di Montoggio, della frazione di Pratolungo – riprende il sindaco Fantoni – è ovvio che ne rivendichiamo i natali, anche se non c’è una documentazione scritta che possa attestarlo, solo una tradizione orale».
A Montoggio si respirano storia e aria buona. Seduti a un tavolino del bar Centrale, luogo di sosta per tanti viaggiatori in transito sulla provinciale 226 e punto di ritrovo del paese, due ciclisti riposano le gambe affaticate. Sono Laura Poli, 55 anni e Andrea Carozzino, 66.
«Siamo partiti da Bolzaneto e siamo saliti su ai Giovi, questa è una tappa imperdibile per noi e per tanti ciclisti», raccontano.
«Il paese è bello, ma tante attività stanno chiudendo – spiega Orietta Molini, 71 anni, già collaboratrice scolastica – le scuole però sono in piena attività, dall’asilo alle medie».
C’è chi a Montoggio ha investito, come Claudio Minaglia, 56 anni, che con il fratello Paolo ha dato vita al pastificio che porta i suoi prodotti in giro per l’Italia e in tutto il mondo con vari marchi, il più noto è quello di “Alta Vallescrivia”. «Eravamo partiti da zero, oggi il pastificio dà lavoro a 16 persone tra interni e esterni, la sede è qui sulla strada principale».
«Siamo un luogo di passaggio per chi va verso la Fontanabuona, Chiavari e la Riviera – dice la barista Simona Risso, 55 anni – e tanti che hanno la casa dei nonni vengono qui per la villeggiatura»
C’è chi sale a Montoggio anche per poche ore, prima di tornare al caldo della città. Gianna Sulas, 61 anni, è arrivata «a prendere il fresco, un caffè e una passeggiata. poi mangeremo a Casella e piano piano faremo ritorno, d’estate un paio di volte alla settimana lo facciamo sempre». E le vacanze vere? «Più avanti, a Ponte di Legno in valle Camonica». Un antipasto di montagna a due passi dalla città prima di salire sulle vere vette.
La passeggiata al castello è breve, poco più di mezz’ora dalla chiesa di San Giovanni Battista. Al fresco, un sentiero che attraversa un bosco dove ti può saltare davanti agli occhi all’improvviso un daino.
E poi ecco le pietre cariche di storia, memoria tangibile dell’avventura della famiglia lavagnese dei Fieschi nel genovesato. Il castello di Montoggio era del XV secolo, di poco precedente alla scoperta dell’America: in origine composto da una massiccia costruzione quadrata protetta agli angoli da quattro torri a pianta circolare. All’interno si trovava la grande torre con l’abitazione della famiglia.
Ma nel 1547, dopo il fallimento della Congiura dei Fieschi, la reazione dei Doria fu ferocissima. «Gli ultimi cospiratori furono catturati e giustiziati qui, impiccati agli alberi di questo bosco» ricorda il sindaco Fantoni davanti alla facciata della cappella di San Rocco, a metà strada tra il paese e i ruderi .
Attorno a ogni castello nascono leggende. Quella di Montoggio racconta che il conte Gerolamo Fieschi avesse nascosto un tesoro mai ritrovato, ma forse anche lettere compromettenti per la famiglia Doria.
E i Doria ordinarono di distruggere l’edificio fino alle fondamenta. Antonella Repetto, la presidente della Pro loco, svela: «Sono già in programma scavi qui nella zona del castello per cercare di trovare reperti e ulteriori tracce, c’è ancora molto da scoprire».
Bruno Viani
(Articolo tratto da Il Secolo XIX del 08/07/2022)
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