“Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento”. Li legge in ginocchio, Franco Arminio, i versi di questa poesia tratta da “Cedi la strada agli alberi”, una delle sue raccolte più celebri.
E’ il momento più toccante dell’iniziativa “Dove tornano le rondini. Letture tra il selvatico e il sacro” che venerdì 1 luglio ha portato a Vaccarezza di Bobbio, sull’incantevole sagrato della chiesa di Sant’Eustachio, oltre cento persone provenienti da varie parti d’Italia.
Promosso dall’Associazione “Nuovi Viaggiatori” assieme alla “Scuola del Viaggio” e a “CoolTour Piacenza” e condotto da chi scrive, l’evento è stato realizzato grazie alla collaborazione di una fitta rete di soggetti locali: Circolo Verde Luna Vaccarezza, Pro Loco Cadelmonte, Pro Loco Santa Maria, Circolo ANPI Ceci, Progetto Penice, Quinto Quarto Pino Ballerini, B&B La casa rossa di Alice.
Hanno aperto l’evento Jessica Lavelli (CoolTour) e Adele Boncordo (Nuovi Viaggiatori) evidenziando che l’evento rientra nei progetti “#vivalappennino2022” e “Di pieve in pieve”, entrambi volti a promuovere la conoscenza e la valorizzazione del territorio appenninico attraverso la cultura e l’arte.
“Vado in giro a cercare momenti di intensità e li trovo dove meno te lo aspetti”. Esordisce così Franco Arminio, scrittore, poeta, regista, “paesologo”, figura di spicco nella scena culturale italiana e non solo, da anni impegnato nella difesa dei paesi. “Dove non c’è nessuno, lì accade qualcosa d’importante: dove si resta in pochi, la vita è ancora sacra, non è dissacrata nel via vai delle merci e del frastuono”.
“Io sono convinto che l’Italia si salva se punta sui paesi” continua. “Viviamo in un mondo sfinito e senza senso. Le città sono una giostra del consumare e produrre, mentre i paesi rischiano di diventare musei dalle porte chiuse”. Per questo, secondo Arminio, è importante la paesologia, uno sguardo nuovo che dia attenzione ai luoghi e alle loro potenzialità. Quello sguardo che finora è mancato da parte della politica (che, ancorata alla logica dei numeri, chiude ospedali e scuole) e e da parte degli intellettuali, fermi ad una visione stereotipata secondo la quale rurale è sinonimo di arretratezza.
Sono soprattutto i paesi piccolissimi ad interessargli, quelli come Vaccarezza, nei quali d’inverno ci sono più lampioni che abitanti, ma che costituiscono vere e proprie metropoli di luce e di natura. Paesi quasi abbandonati dalle istituzioni, ma nei quali il senso di comunità sopravvive ancora, mentre fuori di essi il rancore sta diventando il cancro che mina le relazioni sociali. Paesi in cui il senso del sacro è ancora presente, anche nelle case vecchie e abbandonate, che sono patrimonio di tutti e non possono essere lasciate a se stesse.
“Vaccarezza è un posto bellissimo e necessario. Andrebbe prescritto dall’Asl. Mettete un cartello “Farmacia Vaccarezza”, oppure “Areoporto di Vaccarezza” dato il patrimonio di lucciole e rondini che ancora avete”, aggiunge il poeta. “Osate. Rompete lo schema della mestizia. Per i paesi servono pensieri impensati”
E continua affermando che probabilmente saranno questi, i luoghi alti, a rappresentare in futuro luoghi di scampo, veri e propri rifugi in una modernità maleducata che ha sposato un modello di sviluppo urbanocentrico e capitalistico, dimentico delle persone e della natura e diretto verso scenari di autodistruzione.
All’autismo corale delle città, Arminio contrappone, così, l’umanesimo delle montagne, da costruire a partire da una visione del paese che sappia unire vecchio e nuovo, abitanti del luogo e persone che vengono da fuori, intimità e distanza in chiave creativa e produttiva. “Un giorno ci sarà la fila per venire a Vaccarezza. Siate cantiere per il futuro”.
A rendere più suggestiva la bellissima cornice vaccarezzese, l’allestimento di opere dell’indimenticato artista bobbiese Pino Ballerini, che, come ha ricordato la figlia Rachele, con Vaccarezza aveva un legame profondo, avendo vissuto e lavorato qui per alcuni anni.
Il pomeriggio è proseguito con Luca Maffi di CoolTour che, con don Mario Poggi, ha guidato i presenti alla scoperta della chiesa di Sant’Eustachio, che ospita, tra l’altro, una copia dell’”Annunciazione” del Guercino.
Un ringraziamento particolare è stato rivolto agli abitanti di Vaccarezza e dei dintorni (Pietro, Luigi, Mauro, Gianni), custodi del paese, che, con il loro prezioso impegno durante tutto l’anno, si prendono cura dei luoghi, compreso il cimitero.
Un aperitivo offerto dalle Pro Loco ha chiuso un pomeriggio ricco di emozioni, di commozione e anche di canzoni cantate insieme: “Il cielo in una stanza”, “Quel mazzolin di fiori”, “O bella ciao”.
Aspettando la sera, sul sagrato di una chiesa d’Appennino, tra selvatico e sacro, un pomeriggio d’estate, le voci dell’uomo si amalgamano perfettamente con i rintocchi delle campane e con i suoni della natura. Come dovrebbe sempre essere.
Anna Leonida
Associazione “Nuovi Viaggiatori Aps”
(Articolo tratto dal N° 25 del 14/07/2022 del settimanale “La Trebbia”)
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