Sono passati sei anni da quando un agricoltore di Rivanazzano Terme, Pier Roberto Rosa, ha segnalato di aver identificato i resti di una villa romana in un campo, vicino alla cascina Pizzone.
Non aveva fatto ritrovamenti in conseguenza all’utilizzo di mezzi agricoli, come sarebbe quasi ovvio: il contadino aveva chiaramente individuato un’area utilizzando l’applicazione Google Heart, merito delle moderne tecnologie.
Fin dall’inizio, la storia degli scavi in valle Staffora, coordinata dal professor Stefano Maggi, ordinario di Archeologia all’Università di Pavia, c’è la stretta collaborazione tra abitanti, istituzioni e archeologi.
Per questa ragione gli autori hanno voluto presentare in anteprima la loro ‘Piccola guida archeologica della Valle Staffora’ ringraziando proprio la comunità: agricoltori, sindaco di Rivanazzano, amministratori e viticoltori.
LA SINERGIA COL TERRITORIO
«Questa è una storia di collaborazione , di lavoro con il territorio – commenta Stefano Maggi -, noi abbiamo cercato di far capire il valore culturale del paesaggio storico, che può creare un circuito virtuoso con le attività economiche. E crediamo di essere riusciti, anche grazie al grande aiuto che abbiamo avuto. Gli scavi, che sono iniziati nel 2016, sono stati contraddistinti dal grande entusiasmo, dalla vicinanza della famiglia Fiori che ci ha supportato sempre, ci portava l’acqua per dissetarci, il caffè al mattino con la torta. Piera Selvatico spesso ci sfamava a pranzo. Ci siamo sentiti vicini alla comunità di Rivanazzano». Uno scavo grande, che ha coinvolto anche gli studenti: in tutto sono stati più di cento quelli che hanno lavorato.
«Il professor Maggi ha aiutato a creare un clima di grande collaborazione: non è facile a fine agosto e a inizio settembre lavorare a uno scavo tutto il giorno quando non si ha grande esperienza – spiega Manuela Battaglia, direttrice degli scavi -. Anche per questo va riconosciuto il merito del lavoro del professore”.
La guida – edita da Univers Edizioni di Pavia – è il risultato del lavoro di squadra. La valle Staffora viene descritta già in epoca romana – tra il secondo e quarto secolo – un luogo vocato all’agricoltura. ma anche di passaggio: sono state trovate abitazioni (una villa rustica e un’altra di tipo più semplice) e, forse, una strada.
Particolarissimo il ritrovamento della carcassa di un animale – un cane o un lupo addomesticato in buono stato di conservazione. Manuela Battaglia ipotizza che la presenza possa essere legata a un rito propiziatorio.
Il legame tra territorio a agricolo, vocazione vinicola in duemila anni di storia è sintetizzata nel capitolo finale affidato a Nicola Ardenghi, curatore dell’Orto Botanico di Pavia, che traccia un percorso della storia della coltivazione della vite attraverso vitigni che sono stati via via impiantati. Oggi l’Oltrepò è territorio di Bonarda e Pinot, 150 anni fa invece dominava la Moradella e l’Ughetta. Poi, l’arrivo della filossera ha cambiato tutto, imponendo Barbera e Bonarda. Anche questo è utile per capire. Perché, come sintetizza Stefano Maggi: «Solo conoscendo la storia si rendono consapevoli i cittadini».
Carlo E. Gariboldi
(Articolo tratto dal quotidiano “La Provincia Pavese” del 01/05/2022)
Related Posts