L’Antola è “il monte dei genovesi”, una delle destinazioni più conosciute e battute dai camminatori del capoluogo ligure. Proprio lì, a 1460 metri di altezza, svetta il rifugio omonimo. A gestirlo ci sono Linda Ghighino e Davide Barbè, due ragazzi genovesi che hanno l’Antola nel DNA. «La nostra vita è sempre stata divisa tra città e campagna: quando eravamo piccoli passavamo le estati proprio sotto a questo monte, in val Trebbia», raccontano. «Ed è qui che siamo tornati».
IL RIFUGIO
Al rifugio parco Antola Linda e Davide hanno deciso di portare tutte le loro esperienze vissute nel mondo. La coppia, dopo aver passato gli ultimi anni in viaggio, per una serie di vicissitudini è rientrata in Italia alla fine della scorsa estate. «Stavamo lavorando in Islanda – racconta Davide – in una piccola struttura ricettiva in un paesino sperduto nella parte orientale dell’isola». Ad agosto, quasi per caso, trovano un bando che scadeva il 9 settembre e ci provano: «Il rifugio parco Antola cercava una nuova gestione e abbiamo deciso di buttarci».
E così il rifugio, che per una decina d’anni è stato gestito da una famiglia, dal 26 dicembre è passato nelle loro mani. «Qui stiamo bene e a distanza di quattro mesi dall’apertura possiamo dire con certezza che le altre alternative di vita e lavoro in città non sarebbero state la scelta giusta per noi». Da Pasqua è iniziata l’alta stagione e il giorno di chiusura è il martedì, quindi Linda e Davide sono diventati stanziali. Nella stagione invernale invece il rifugio è aperto solo nel weekend. «Ora che viviamo qui tutti i giorni siamo un po’ più rilassati. E ci ritaglieremo il tempo per fare delle camminate anche noi».
LA STORIA
Lui laureato in ingegneria navale, lei in lingue, sono entrambi confluiti sull’Antola, che per loro è un luogo del cuore, perché è in queste valli che Linda e Davide sono cresciuti e dove anche i loro genitori e nonni correvano a perdifiato sui prati, con in mano un aquilone. «Le nostre famiglie sono radicate qui, per questo è una terra a cui siamo molto legati».
Nell’ultimo anno Davide e Linda hanno viaggiato in diversi paesi del mondo, dalla Costa Rica alla Grecia, facendo volontariato in alcuni ecovillaggi, dove hanno «imparato un sacco di cose». Poi per una serie di motivi sono rientrati in Liguria e, anziché cercare lavoro in città, sono riusciti a intraprendere questa avventura insieme in un luogo così distante dal frastuono urbano e circondato dal silenzio.
Poco dopo la riapertura del rifugio in Liguria e Piemonte è iniziato il lockdown dei boschi: «La diffusione della peste suina è stata tragica per tantissime realtà del territorio. Noi siamo davvero fortunati, perché ci troviamo nel versante non interessato dai provvedimenti di chiusura, quindi siamo riusciti a lavorare. Ora qualcosa ora si sta muovendo, i sentieri in Liguria sono riaperti e ne siamo contenti».
LE CARATTERISTICHE DELLA NUOVA GESTIONE
Oltre alle stanze con 32 posti letto – di cui una adibita a bivacco – al rifugio si può anche gustare un pranzo o una cena con la suggestiva vista di cui si gode dal monte. In cucina l’attenzione alla stagionalità è molto spiccata: «Dalle valli che ci circondano – sottolinea Linda – attingiamo moltissimo, in primis la farina e il miele». L’obiettivo è proporre un menu più locale e stagionale possibile, sempre con una opzione vegetariana, anche vegana se richiesta in anticipo. «Io sono vegetariana – aggiunge – quindi fa piacere anche a me inserire proposte senza carne e pesce, in modo da dare a tutti la possibilità di scegliere».
In cantiere c’è anche un audace progetto di permacultura a 1500 metri di quota. «Sarà una bella sfida, ma è uno degli obiettivi futuri. Una struttura così grossa ha bisogno di tempo per essere compresa, ma una volta capita, può davvero tirare fuori il meglio da quello che la natura offre, sia per noi che per le persone che lavorano qui».
Il rifugio poi è completamente scollegato da rete idrica, termica, elettrica, quindi i due ragazzi si sono dovuti ingegnare. «Abbiamo i pannelli solari, da integrare con un piccolo eolico da tetto, i pannelli solari termici che riscaldano l’acqua e ora, per il gas, abbiamo pensato a un biodigestore in modo da poter essere completamente autosufficienti. Puntiamo all’autosufficienza energetica quasi totale, speriamo di riuscirci».
Sul piano culturale sono in programma eventi, incontri su sostenibilità ambientale ed educazione alla natura a 360°. «Prossimamente organizzeremo proiezioni di docufilm sulla montagna, incontri di yoga e workshop di acroyoga, ma anche attività legate all’osservatorio astronomico». Non resta che mettersi lo zaino in spalla e andare a trovarli!
Valentina D’Amora
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