Bani la melodia del tarassaco

Bani la melodia del tarassaco

di Bruna Boccaccia

Editore Ponte Gobbo
Formato 15×21 cm
Pag 100, brossura
Data pubblicazione 2020
ISBN 978-88-96673-87-4
EAN 9788835106463Prezzo di copertina: € 10

Il bobbiese Ettore Losini, meglio conosciuto come Bani, dal nome del padre Colombano, è il Maestro per eccellenza della musica popolare delle “Quattro Province di Piacenza, Pavia, Alessandria, Genova” che, con il complesso “I Müsetta” , ha diffuso in Italia e in Europa. Questo libro ne ripercorre la suggestiva storia di cultura musicale legata strettamente al suo simbolo, il piffero. Musicista autodidatta Bani ha incominciato la sua carriera suonando una fisarmonica a bottoni per passare poi al piffero. Attivo fin da ragazzo ha accumulato negli anni della sua lunga carriera un’approfondita conoscenza del repertorio da piffero, che fa di lui uno dei più importanti portatori della tradizione, in questo caso musicale, della val Trebbia. Come portatore della tradizione ha suonato con successo in Francia, Spagna, Irlanda, Paesi Bassi. Nel suo laboratorio di Degara (frazione di Bobbio) costruisce pifferi, cornamuse, müse (cornamuse appenniniche).
Bani e il tarassaco
Cosa c’entra il tarassaco, la piantina con un bel fiore giallo vivo che cresce spontanea e abbondante nei terreni dei nostri campi, che è nel titolo del libro?
C’entra – racconta l’autrice – perché, mentre io bambina utilizzavo il suo lungo stelo cavo che, diviso in tante particelle alla base e lasciato integro nella parte alta, subito si arricciava a formare una bellissima acconciatura per la bambola di pezza che mia madre, contadina ma anche sarta, mi aveva fabbricato, tre torrenti più in là (Carlone, Bobbio, Dorbida) Bani, a soli cinque anni, dallo stelo del tarassaco traeva i suoi primi suoni musicali. Bani è proprio il caso di dire, è nato con la musica nel sangue, trasmessa da un anziano del paese che presto gli ha insegnato a ricavare suoni musicali dagli strumenti che si trovano in natura. E il primo di questi è proprio lo stelo del tarassaco che già l’uomo primitivo aveva messo in bocca per caso e, altrettanto per caso, soffiandovi dentro, ne aveva tratto dei suoni. Con Bani, lo stelo schiacciato diventa un’ancia doppia come l’oboe. Le pagine del libro evidenziano come le trasformazioni socio-economiche, che hanno portato alla progressiva scomparsa della civiltà contadina, hanno fatto sparire quasi del tutto anche le tradizioni canore e musicali che costituivano gli unici momenti di aggregazione e di svago dalla dura vita del lavoro dei campi. Il canto popolare, così importante nelle stagioni passate, ha rischiato di scomparire soppiantato dalle musiche moderne, diffuse soprattutto fra i giovani che non volevano più saperne di gighe e di monferrine né di pifferi o cornamuse. Ma per fortuna c’è chi questa musica – che affonda, con i suoi riti e le sue danze, le sue radici nel lontano medioevo e, attraverso il Rinascimento e il Barocco, arriva al Romanticismo, quando si distingue dalla musica delle classi colte e rimane come patrimonio delle classi popolari – questa musica non l’ha dimenticata né sottovalutata e l’ha riportata in auge, e oggi non è più solo caratteristica del popolo, ma è ormai patrimonio culturale apprezzato da tutti. Questo qualcuno è appunto Bani.

L’AUTRICE – Bruna Boccaccia, già professoressa di lettere, è la fondatrice delle Edizioni Pontegobbo che nascono nel 1994 a Bobbio, e prendono il nome del famoso ponte sul Trebbia. Lo staff attuale della casa editrice, tutta al femminile, è composto dalla prof. Bruna, dalla titolare e figlia, Daniela Gentili, e dalle collaboratrici: Valeria, Chiara, Elisabetta. Dal 1996 le Edizioni Pontegobbo non sono più soltanto una realtà locale, pubblicano infatti le opere di autori di tutta Italia, e la distribuzione delle loro opere è a livello di territorio nazionale ed estero. Dal 2010 ogni anno in estate organizzano, in collaborazione con il Comune di Bobbio, “La Settimana della Letteratura”, manifestazione culturale nel cui ambito si tengono presentazioni di libri, incontri con gli autori tra i grandi nomi della narrativa italiana.
Credo che nessuna generazione più della nostra – commenta Bruna Boccaccia facendo riferimento alle pagine del libro – abbia visto nell’arco della propria esistenza tanti cambiamenti e rivoluzioni nel modo di vivere e nella comunicazione. Dalla lucerna a petrolio, che rischiarava le serate invernali nelle quali io ragazza mi dedicavo alle mie prime letture, da L’isola del tesoro ai romanzi dei neorealisti Pratolini, Pavese, Fenoglio e altri. Bani bambino, nei suoi giorni al paese natio, prestava orecchio ai rumori del mondo circostante e per lui ogni suono percepito era subito musica: dal canto ritmato del cuculo (cuucù… cuucù…) al chicchirichì del gallo e al verso delle galline che avevano fatto l’uovo; dal martellare del picchio sulla corteccia degli alberi a quello del contadino sulla falce fienaia, dall’acciottolio delle ruote del carro sulla strada ai comandi dei buoi durante l’aratura dei campi, o ancora dal fischiettare del ragazzo che si recava al lavoro all’intonazione della voce della ragazza al pascolo, per finire con la massaia che pestava il coltello sul lardo. Da tutto questo siamo passati direttamente alla civiltà dei computer e delle mille altre diavolerie odierne, pur necessarie e ormai insostituibili, ma che purtroppo talvolta dividono i genitori dai figli e anche i giovani tra di loro.
Così nelle frazioni le strade e le aie sono diventate silenziose; le feste e le ricorrenze nel corso dell’anno, le sagre, i matrimoni, i funerali, le nascite, le feste dei coscritti, il carnevale, le celebrazioni più varie non sono state più accompagnate e sostenute dal canto e dal suono del piffero, della musa e della fisarmonica, che costituivano l’essenza stessa della storia della gente dell’Appennino piacentino e non solo, una storia di duro lavoro, di povertà, di fatica che non conosceva sosta neppure nel riposo invernale dei campi, quando bisognava comunque, oltre a riparare gli attrezzi agricoli per la prossima ripresa delle attività contadine, pensare alle bestie della stalla e del pollaio che non conoscono ferie, né Natale né ferragosto, così come non le conoscevano i nostri vecchi. Nessun rimpianto del passato, nessun si stava meglio quando si stava peggio, ma credo che sia giusto ricordare le nostre origini.
IL MAESTRO OGGI – Ed è così che scesa da Moglia, attraversata Bobbio e presa la strada per Lagobisione, sono salita a trovare il Maestro. Tanti ben prima di me si sono recati da lui e continuano tuttora a farlo. Per comprare i suoi impareggiabili strumenti, per avere consigli musicali preziosi o semplicemente per conoscerlo. Fiancheggiata una suggestiva ofiolite nera, arrivo a Degara, dove Bani è tornato a vivere dopo un’esistenza trascorsa a Piacenza come operaio meccanico, ma portando sempre la sua musica in giro per l’Italia e l’Europa…

Tratto da https://www.ilpiacenza.it/blog/libri/bani-la-melodia-del-tarassaco.html

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