Nato a Sampierdarena (Genova) nel 1925,
morto nell’ospedale partigiano di Santo Stefano d’Aveto (Genova) il 13 aprile 1945, tornitore,
Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Terminata la “scuola professionale”, nel 1940 era stato assunto come operaio meccanico negli stabilimenti “Ansaldo” di Sampierdarena. Dopo l’armistizio Piana entrò nelle file della Resistenza ligure col nome di battaglia di “Salita”. Inquadrato nel Distaccamento “Peter” della terza Brigata Garibaldi “Cichero” vi rimase sino all’agosto del 1944, quando la “Cichero” divenne Divisione. In quella circostanza il ragazzo passò al Distaccamento “Mario” della Brigata “Berto”, con l’incarico di staffetta del Comando di brigata.
Per il coraggio dimostrato in molte occasioni, “Salita” divenne leggendario tra i partigiani liguri, come d’altra parte è confermato dalla motivazione della massima ricompensa al valor militare, alla memoria, che così suona: “Fra i primi ad iniziare la lotta contro il nazi-fascismo divenne subito campione della causa della libertà. Quale staffetta del Comando di una valorosa Brigata garibaldina, ponendo in gioco la propria vita, riusciva varie volte a salvare interi reparti partigiani da critiche situazioni. Intrepido animatore di rischiose azioni di pattuglia e autore di temerari atti di valore personale, sorpreso da una pattuglia di nazi-fascisti mentre si recava in pietosa missione a cercare un medico per un compagno gravemente ferito, reagiva ad ogni intimazione ed abbatteva due nemici. Ferito e stremato di forze, dopo alterna vicenda della mischia da lui solo sostenuta, cadeva al suolo e riceveva il colpo di grazia dal suo sicario. Ancor vivo veniva raccolto dai compagni arrivati in soccorso. Nuovamente catturato dal nemico che sempre lo ricercava era sottoposto a disumana tortura e condannato a morte per fucilazione, che affrontò con la serenità dei forti. Miracolosamente si salvava evitando, con estremo, coraggioso stratagemma, la scarica del plotone nemico. Coperto dal mucchio dei cadaveri sanguinanti, che quasi in sublime fraterno amplesso celarono il suo corpo risparmiandogli il colpo di grazia che il comandante tedesco era già pronto ad infliggergli, ancora una volta evitava la morte. Straziato nelle membra ma con l’animo indomito, trovava la forza di raggiungere il proprio reparto e di farsi ricoverare in un ospedale ove chiedeva ai medici di tenerlo in vita fino al giorno della vittoria, che era per sorgere radiosa all’orizzonte arrossato del sangue di tanti eroi. Fra inaudite sofferenze la morte lo colse (un mese dopo il ricovero nell’ospedale da campo, NdR) e le sue ultime parole furono di incitamento ai compagni di lotta e di amore per la Patria per cui offriva la vita”.
Una via di Genova è intitolata a Mario Piana.
Biografia tratta dal sito internet http://www.anpi.it
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