Si chiamava Valentina. Non era bella a causa del naso e degli zigomi pronunciati. Era tuttavia un tipo, che si faceva notare e difficilmente si dimenticava: una folta chioma di capelli ricci, gli occhi nerissimi, vivaci, ardenti, il corpo dritto e slanciato, come le gambe, nervose e invitanti. A Carpeneto tutti la conoscevano come Vale. Chissà perché Vale e non Tina, come, di solito, usa in Liguria.
Alla fontana le amiche la punzecchiavano: «È vero, Vale, che ci staresti?» «È vero, Vale, che quando passa, accavalli le gambe?» «È vero, Vale, che hai aspettato a chinarti che passasse lui sopra la vasca?».
Valentina sbottò: – Sì, certo che ci starei. Anche subito ci starei, anche subito con Bisagno! E voi ci stareste tutte, farisee, farisee, come dice il prete…
– Fran non ti sposerà, se non sei più vergine.
– Lascia stare Fran. Non c’entra. Però con Bisagno ci starei, anche subito!
Da quel giorno il paese fu autorizzato a dire che Valentina era innamorata di Bisagno.
Bisagno era forte, simpatico, virile. Ma nessuno l’aveva mai visto con una donna. È vero che la Zona era grande. E un giorno partiva a veder quelli di Pietranera e un altro era sull’Antola con gli operai sfuggiti a Ronco dai vagoni piombati. La Zona era grande, e nessuno era in grado di controllare i movimenti di Bisagno. Però certe cose si sanno! E si sapevano. Bisagno si era imposto di non toccare donna sui monti. Forse perché voleva essere d’esempio: e non permetteva che nessuno molestasse una ragazza, salvo, naturalmente, che avesse – e non di rado l’aveva – il consenso di lei. O, forse, teneva la fidanzata in città: la magica città di là dai monti, che tutti sognavano e non potevano vedere mai.
La madre di Vale si stizzì.
– Matta tu sei! Matta! Che ti viene in mente di dire certe sciocchezze, e proprio alla fontana.
– L’ho detto e lo ripeto. Se vuoi, lo grido a tutta Carpeneto e lo vado a dire anche a Fascia, a Rondanina e a Fontanarossa. Che lo sappia e che venga e mi prenda. Intanto tutte vanno pazze per lui. E tu lo sai. E un mese fa lo dicesti anche tu, proprio tu.
– Matta, tu sei… Certo, Bisagno è un bel ragazzo. E tutti gli vogliamo bene. E se fossi giovane, mi sarei innamorata anch’io. Ma che bisogno c’era di dirlo? E che gli dirò al prete, se me ne parla?
– Non te ne parla.
– Come lo sai?
– Non te ne parla, perché il prete è amico dei partigiani e lavora per Bisagno. E gliel’ho detto che sono innamorata di lui, e non mi ha neppure rimproverato.
– Madonna Santa! Madonna Santa! – commentò la mamma.
E il paese continuò a sussurrare.
La notizia, da Carpeneto arrivò – senza che Valentina la gridasse – a Fascia, a Rondanina, a Cassingheno.
Un giorno Doro la riferì a Scrivia, l’intimo amico di Bisagno. – Pensa ai fatti tuoi – rispose Scrivia. Dal che Doro sospettò che egli avesse già capito quell’amore nascosto. Certo fu che Scrivia intuì il sospetto dell’amico, e aggiunse: – Non bisogna diffondere codeste voci. Pettegolezzi, non significano gran che, ma non ci danno forza. Lasciali alle donne.
Così il caso, al vertice, fu chiuso.
Venti giorni dopo, si riaprì.
Si riaprì in un giorno di novembre del 1944. Ci fu un colloquio fra Miro e Bisagno: un colloquio a due, come tante altre volte, nella locanda di Rovegno. Nel pomeriggio Bisagno tornò con il Biondo a Cassingheno; lo portò l’Austriaco, l’autista.
A Cassingheno, Bisagno si ritirò in una stanza dell’osteria, al pianterreno, con il caminetto, dove bruciava della misera legna di castagno. Prese la macchina da scrivere.
Due, tre, quattro lunghi fogli. Li lesse e rilesse. Li piegò e chiuse in una busta: «Per Riccardo Pittaluga». Poi ripose il tutto in un’altra busta più grande. La suggellò e non vi scrisse l’indirizzo. La lasciò bianca. E si fermò a guardarla.
– E adesso? – sussurrò. Poi: – Badoglino –
– Eccomi – rispose il ragazzo.
– Il prete c’è?
– È a Carpeneto.
– Vai a chiamarlo… Beh… no, vado io. Bisagno infilò il giaccone e uscì all’aperto.
Non c’era ancora la neve. Ma gli alberi erano spogli, ormai.
– Brutto tempo! Tempo da rastrellamento – borbottò.
Diede un saluto alla Laidìn. Quindi, accompagnato da Badoglino, prese la strada per Carpeneto.
Alcuni partigiani s’allenavano a tirare, con una flaubert, per non sprecar munizioni. Fecero un cenno di saluto al capo, senza formalità. Di altri si udiva il vocio confuso nella casa accanto.
Bisagno accelerò il passo, e Badoglino con lui. Giunsero a Carpeneto sull’imbrunire. Il sole era già da un pezzo calato dietro il monte, alto e massiccio, bruno di alberi spogli, giallo per le foglie cadute: fitto e soffice manto del precipitoso terreno.
Voci avevano già avvertito il prete che Bisagno stava arrivando. Egli attendeva sulla soglia della canonica, una stanza squallida, in cui facevano spicco i due quadri del papà e della mamma – acconciatura e abiti di trent’anni prima – e un grande tappeto di damasco di Lorsica, consunto, ma dal colore vivo.
– Che c’è? – domandò preoccupato il prete.
– Nulla di grave – rispose Bisagno entrando. Badoglino restò fuori, seduto sul muretto: due ragazzi, a quattro passi di distanza, muti ad ammirarlo.
Bisagno spiegò. Occorreva mandare un plico a Genova. La cosa, in città era facile. Nella sacrestia di S. Lorenzo – la cattedrale – il plico doveva essere personalmente consegnato al canonico Ardito (nome facile a ricordare) e si doveva dirgli: «È per il professor Pittaluga» (altro nome facile, per i liguri). Se monsignor Ardito fosse andato fuori, avesse dovuto nascondersi? Allora si dovrà chiedere di don Cicali. Anche questo nome è facile da ricordare.
Dunque in San Lorenzo? Sì, per Genova va bene. Ma il bello, anzi il brutto, sta nel tragitto. Per Torriglia non si passa. Una donna potrebbe anche passare. Tuttavia è meglio non tentare con il plico addosso. Quindi per i monti. Scendono per andare a prendere il sale, lunedì venturo, per via di monti: Rondanina, il Porto, Bromia, Montoggio, Creto, Baracche.
Una bella tirata! Comunque lunedì è tardi. Occorrerebbe prima. Allora una ragazza sola. Sola, per monti?
– Ne conosco una – disse a questo punto il prete – che farebbe al caso nostro.
Mandò a chiamare Valentina.
– Toh ! – pensò Badoglino – qui il prete li mette a letto!
– Il ragazzo non era religioso come Bisagno. Inoltre una punta di gelosia la sentiva, perché il suo affetto ancor infantile, la sua devozione per il capo avevano qualcosa di possessivo.
Se Valentina fosse stata una ragazza di città, dalla pelle bianca slavata, si sarebbero accorti, Bisagno e il prete, del sangue che le salì al viso quando giunse in canonica alla presenza del suo dio in terra. Ma aveva le guance ancora abbronzate dal non lontano sole settembrino: abbronzate lassù, a guardia delle mucche al pascolo.
Le dissero ciò che avrebbe dovuto fare. Assentì. Come avrebbe potuto non assentire a Bisagno?
C’era pericolo. Il parroco ingigantiva i rischi per saggiare la sua volontà. Ma che gliene importava dei rischi? Per Bisagno sarebbe andata anche a morire. La mattina seguente, all’alba, Valentina partì.
Nessuno la rivide mai più.
Venti giorni dopo: in una casa di Bolzaneto, alla periferia di Genova, c’è riunione di Comitato. Maffi trae Pittaluga in disparte e gli chiede: – Ti è giunto un messaggio dai monti? – Sì. – Di Bisagno? – Sì. – Sull’ordinamento delle formazioni? – Sì.
Venticinque giorni dopo: a Carpeneto. Bisagno al parroco:
– Il mio plico è arrivato a destinazione
– Ma Valentina non è tornata.
– Lo so… tutto il paese lo sa. Abbiamo fatto male a mandarla.
– Sì, abbiamo fatto male, e ne sono tanto angosciato.
Otto mesi dopo: seconda settimana del maggio 1945. Hotel Bristol: sede del Cln, che è ormai governo libero. Due partigiani – di cui non si fanno i nomi per i motivi che si capiranno fra poco – stavano chiacchierando. – Sai? Ho visto Valentina nel casino di Vico Spada. – Quale?
– Come quale?
– Ce ne sono almeno quattro in Vico Spada.
– Già nel secondo a destra, scendendo dalla piazza.
– Sei sicuro?
– Di che?
– Che sia proprio Valentina?
– Sicuro proprio no. Però era tutta lei. La pronuncia era piemontese. Ma forse l’ha cambiata nelle case.
– Già.
Due giorni dopo, sempre all’Hotel Bristol, nuovo dialogo a due:
– Sai, assomiglia molto. Ma non è Valentina.
– Perché?
-È di Asti. E non sa neppure dove sia la Val Trebbia.
– Dunque ci sei stato?
– E che volevi, che pagassi senza starci?
– Già. E non può averti ingannato?
– No, ti assicuro. Figurati se non me ne sarei accorto. Non ha mai sentito nominare Carpeneto né Cassingheno. E poi Valentina aveva un neo e quella di Vico Spada non ce l’ha.
Dove sia finita Valentina nessuno l’ha mai saputo.
(Brano tratto da “Pittaluga racconta – Romanzo di fatti veri 1943-45” di Paolo Emilio Taviani – Edizioni il Mulino)
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