Nel periodo che dalla strage della Benedicta va fino al mese di Luglio, le formazioni partigiane dell’entroterra genovese si sono consolidate. La terza Divisione ligure, che ha preso il nome da un paese incendiato dalle bande nere, Cichero, è il nerbo della Sesta Zona Operativa: controlla le strade del Trebbia, dell’Aveto e del Taro, occupando un territorio che da Arquata, dove opera la brigata Pinan, si spinge fino a Velva, dove un distaccamento della Coduri si è piazzato e controlla la vallata del Petronio con la strada che, attraverso il passo di Centocroci, conduce a Parma.
Le spalle di questo schieramento sono protette da altre formazioni alle dipendenze della VI Zona: gli uomini di Beretta, che in seguito daranno vita alla Divisione Centocroci, occupano la valle del Taro; mentre a Nord, da Bedonia, da Bettole e da Ferriere, le bande dell’Istriano, del Greco, del Montenegrino operano sulla via Emilia e « Giustizia e Libertà », comandata da Fausto, tiene il Pellice e il Brallo.
Già in qualche parte del territorio controllalo dalla Cichero, nella Repubblica di Torriglia, le popolazioni stanno liberamente eleggendo coloro che dovranno reggere le Amministrazioni Comunali: non solo, ma le scuole riaprono i battenti adottando nuovi programmi. Inoltre funziona l’Intendenza che sta controllando gli ammassi del grano e le requisizioni del bestiame destinato ad assicurare il regolare vettovagliamento dei partigiani e della popolazione, mentre le banconote emesse dal Comando di Divisione ormai riscuotono la fiducia dei contadini che le preferiscono alla «moneta fascista». Infine due missioni militari, una inglese e l’altra americana, assicurano il collegamento radio del Comando di Zona con gli alleati.
Il nemico naturalmente è venuto a conoscenza di tutto e stavolta è ben deciso a impiegare ogni sforzo per colpire la poderosa organizzazione: due divisioni di ex prigionieri, ricostituite in Germania, sono state addestrate alla controguerriglia; una di alpini, la Monterosa, stabilirà le sue basi nelle cittadine rivierasche e l’altra di bersaglieri, la Littoria, a Piacenza. Ha così inizio il rastrellamento dell’agosto ’44, il cui obiettivo, una volta che il Comando di Zona sarà nell’impossibilità di funzionare, sarà quello di disperderne le forze eppoi distruggerle sistematicamente. Ma la Cichero, che aveva già fatto saltare la galleria di Boasi e i ponti del Laccio e di Organasco, abbandonate le borgate di fondo valle, contrae rapidamente il fronte ritirandosi sulle pendici dei monti e, dopo aver incanalato feriti e prigionieri in zone di difficile accesso dove erano disposti rifugi sicuri, si sta spostando continuamente da una vallata all’altra, mentre i rastrellatori invano si ostinano nel tentativo di agganciarla. Anzi, ogni qual volta si avventurano sui monti, fitti di castagni e di noccioleti, debbono riparare più che in fretta alle loro basi perché non solo offrono un facile bersaglio nelle imboscate tese dai vari distaccamenti, ma il vettovagliamento gli è reso difficile dalla fuga delle popolazioni.
Fintanto che il Comando tedesco viene costretto a desistere da una azione che richiederebbe un enorme impiego di forze, e finisce con l’accontentarsi del controllo della strada del Trebbia, insediando il battaglione Aosta a Bobbio, quello del Vestone a Gorreto, mentre il terzo battaglione occuperà Torriglia e assicurerà i rifornimenti.
Il feroce rastrellamento è dunque durato più di un mese ed ha causato ai partigiani della Cichero dure perdite, decine di morti, da Gordon all’Alpino, da Aguggia a Mauro a Filo, a Paolino, a tanti e tanti altri, le cui sepolture sono sparse qua e là sui monti dove combatterono; e ora si direbbe che tutti questi morti stiano chiamando a raccolta gli scampati, i dispersi: i distaccamenti in un batter d’occhio si ricostituiscono e le brigate di nuovo si organizzano.
Intanto si sono messi in luce nuovi quadri: Scrivia ora comanderà la brigata Oreste e Marco l’Arzani, brigate che opereranno in val Borbera e in val Curone; Croce e Banfi rispettivamente la Jori, che continuerà a controllare la vallata del Trebbia, e la Berto che opererà nella Fontanabuona e nell’Aveto; e mentre l’Istriano si è piazzato nelle vicinanze di Bobbio, Virgola al comando della Coduri darà inizio a una serie ininterrotta di incursioni sul litorale. Infine Gino e Battista comanderanno due formazioni speciali, le cosiddette « volanti », il cui campo di azione per spericolati colpi di mano sarà la val Polcevera e i sobborghi di Genova.
D’ora innanzi la strada del Trebbia, presidiata dai tre battaglioni alpini della Monterosa, diventerà l’arsenale dove la Divisione Cichero attingerà i suoi rifornimenti in armi e munizioni.
(Brano tratto da “La Repubblica di Torriglia” di Marzo – Di Stefano editore)
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