Da Fascia, sollevandomi prima tra terre coltivate e poi tra praterie qua e là coperte da gruppi di faggi, che non reggono certo al confronto con quelli tanto celebrati delle Tre Croci, raggiungevo a sud-ovest del villaggio all’altezza di circa tredici centinaia di metri sul mare, laddove è designata col nome di Monte Canevan, la costiera, che divide l’una dall’altra le due convalli del Cassingheno e del Brugneto e che segna per lungo tratto il confine tra le provincia di Pavia e di Genova.
Di lassù, rallegrato da vista stupenda, abbassandomi di poco dal ciglio, cominciai a scendere dolce dolce ed obliquamente per comoda strada verso Propata : ed infine, uscito dai prati boscosi e rientrato fra terre
coltivate, terminai ripidamente la discesa fino a quel villaggio. Propata, uno dei più noti comuni dell’Apennino genovese, sorge a 966 metri sul livello del mare : sono ad esso soggetti i villaggi di Bavastrelli e di Caprile, che bellamente si scorgono di rimpetto sull’opposta sponda del Brugneto, e quel di Caffarena nascosto per entro una profonda gola di quella convalle. Gli sorge maestosa di fronte la vetta del M. Antola e più a destra si scorgono le elevate praterie delle Tre Croci coi loro deliziosi viali di faggi. La sua chiesa è stata di recente abbellita per opera dell’egregio reggente Don Ertola, nativo di Pey che ancora non avevo la bella ventura di conoscere nel viaggio, di cui ora parlo, quantunque forse una decina di volte fossi passato par Propata.
La sorte di conoscere questo giovane e caro sacerdote, il quale colla dolcezza e col sorriso del volto, colla parola soave e cortese non dico guadagna, ma rapisce l’affetto di chi seco si trattiene, m’era serbata all’anno successivo, in cui, da esso cortesemente ospitato e trattato suntuosamente passai in sua compagnia ore sì belle, che giammai non le dimenticherò. Pervenuto a Propata in un’ora e tre quarti da Fascia, proseguivo senza sosta il mio cammino verso Torriglia. La strada procede in piano fino alla cappelletta che, si trova dieci minuti dopo il villaggio e poi prende a scendere obliquamente verso il Brugneto che s’attraversa a circa 750 m. sul mare, laddove una casetta solitaria gli sorge in riva. Risalendo fra prati e prosperosi castagneti e lasciando a destra l’ombroso villaggio di Bavastri dopo quasi un’ora e mezzo da Propata attraversavo Garaventa (m. 936) villaggio diviso in due, dal quale vanno stendendosi in giù con pittoresco effetto praterie dal verde vivace, e che da una piacevole vista sulla valle del Brugneto e sui circostanti villaggi è allietato. Benché sull’opposto versante della giogaja, esso appartiene già al comune di Torriglia: la gioventù vi è prosperosa e di belle sembianze, ma di buon costume e lealtà nemica. Da Garaventa con breve salita raggiunsi la nota cappelletta, che sorge a circa mille metri dal mare, sul ciglio della breve costiera, che divide il Brugneto da un piccolo vallone nato al M. Prelà e scorrente verso la Trebbia, di cui usurpa il nome . Da quel ciglio, per la minore elevazione, che ha là di fronte la cresta, che divide le due grandi vallate, si gode una bella vista sulla verde conca e sugli ameni poggi che circondano Torriglia; e di là, disceso al fosso del vallone e camminando in piano fino ad incontrare la depressione dello spartivalle, compievo alle 7 pom. della domenica, fatte quattr’ore da Fascia, questa bella gita iniziata il giovedì e della quale, e l’alte vette in principio salite, e l’onorevole incontro di un Vescovo, e le cortesie onde fui in più villaggi colmato, e l’aver per la prima volta veduto un così incantevole villaggio, com’è Fontanarossa, mi lasceranno a lungo nell’animo un dolcissimo ricordo.
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