L’anno successivo, per contemplare questo stesso fenomeno nella ricorrenza del solistizio estivo, in cui riesce di là, per ispeciali ragioni topografiche, più bello, «la notte dal 23 al 24 giugno me ne salii soletto da Torriglia all’Antola, ed alle 4 1/2 del mattino vidi Il ministro maggior della natura (Dante), sorgere non, come suole vederlo chi il guarda di lassù, di dietro ad alti monti e leggermente inclinato sull’orizzonte, ma veramente orizzontale e come dall’estremo confine di vasta pianura o marina; scena stupenda, che forse non ha altrove confronto, e che è dovuta alla particolare posizione del punto, da cui in quei giorni si vede di lassù nascere il grande astro. E non mancavano quel mattino sulla punta del monte alcune comitive di Genovesi, che là trovai venuti a posta per contemplare quella magnifica scena, che il volgo di queste vallate ritiene essere un prodigio operato da S. Giovanni Battista.»
Riprodurrò ora le poche righe con cui raccontavo una delle gite fatte per assistere dall’alto al nascere della luna:
« Per godere di questa poetica e mesta scena, partivo da Sestri, ove allora mi trovavo, il mattino del 10 settembre 1889, e, visitando pedestre le vaghe colline di Borzoli e Rivarolo e poi la vallata della Secca, e attraversando la Scrivia a Casella giungevo a Crocefieschi, villaggio posto in bella ed amena posizione, donde (dall’insistente cortesia di alcuni amici là villeggianti essendo stato indotto a fermarmi) ripigliavo il mio cammino alle 4 1/4 pom. del giorno seguente, ed alle 6 1/2 dalla cima del M. Bujo, dove ero giunto di passo studiato, vidi il sole mandare il suo estremo addio e celarsi dietro alle nevi dell’aguzza punta del Viso. Alle 7 1/2, a notte buia buia, toccavo la vetta d’Antola, e là, assiderato dal freddo notturno, tra quell’eccelsa ed orrida solitudine, volto ad oriente aspettai il sorgere della luna.
«Una luce cupa e rossastra cominciò indi a poco, fra le tenebre, a stendersi per picciol tratto, sull’estremo orizzonte verso levante, ed ecco quindi la diva notturna venir fuori, assumendo fagli spessi vapori dell’orizzonte colore come di rosso sanguigno; ed a quel chiarore, che quasi pareva spirasse terrore e minaccia, s’andavano fra le tenebre delineando come spettri cupi le vette dei monti circostanti.
«Presso il varco d’Antola a quella luce paurosa, la croce di ferro, che rammenta gli infelici là sepolti dai turbini di neve, faceva col suo funebre aspetto scorrere un brivido nell’ossa al viandante.
«A mano a mano che l’astro notturno, alzandosi, s’allontanava dai vapori dell’ orizzonte, perdeva quel truce sembiante, nè andò molto che ebbe preso il suo pallido colore d’argento, ed allora, debolmente rischiarati dai suoi raggi, i monti circostanti s’ergevano nell’ oscurità quali bianche fantasime. Non il menomo rumore, non il menomo indizio di vita umana rompeva la notturna quiete; ed io, dopo aver con un senso di profonda mestizia pasciuto l’animo di quella melanconica scena, m’allontanavo dall’Antola e scendevo a Torriglia. »
Ed anche il tramontare dell’astro del giorno e dell’astro della notte sono spettacoli, che riempiono l’animo di poesia a chi li contempli dall’alto de’ nostri monti. Quelle ombre, che al cader del sole salgono lente lente su per le sottostanti convalli, la luce solare che pare vada fuggendo di vetta in vetta fino a restringersi alle cime più elevate, e poi sparire anco da esse; e nelle ultime ore delle notti, che precedono la pienezza dell’ astro d’argento, l’ indebolirsi della sua fantastica luce, quando esso verte all’occaso tingendosi d’un rosso cupo, e il suo celarsi dietro a monti, che più non si scorgono, tutto lasciando d’ un tratto nella più muta oscurità, sono quadri che per essere degnamente disegnati richiederebbero una mano più abile della mia.
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