Veloci ci accingemmo a discendere giù pel filo della principale cresta, e in dieci minuti pervenimmo, (ripigliando ora le parole della narrazione già pubblicata « alla fontana d’Antola, la cui acqua freschissima e saluberrima venne murata e ridotta in getto regolare, per opera di quei di Propata, comune alpestre, che di lassù si scorge verso la Trebbia nella convalle del Brugneto. Sotto la fontana si estende in dolce pendìo un bosco di faggi alti e fronzuti, che circondano d’ogni intorno un piccolo prato, a cui i faggi del bosco circostante e quelli, che a mo’ di gruppo isolato, gli sorgono nel mezzo, procacciano ombra continua.
« E su quelle zolle, a quell’ombra, i giorni che io non impiego in più lunghe gite, soglio recarmi a godere l’aria fresca e sottile dell’Antola, ed a gustare quell’acqua eccellente, la cui temperatura, riscontrata da me in tutte le stagioni dell’anno, fu trovata ognora fra i sette ed otto centigradi. Da quel punto si può dire cominci il bello della giogaia che andavamo percorrendo. Di la risalendo per la cresta, ed attraversando un delizioso viale, che pare una galleria artificialmente praticata fra i faggi del bosco, e di poi, seguitando sul ciglio, fiancheggiati da un lato da praterie ripidamente inclinate e dall’altro da folta selva, giungemmo dove una striscia di prato rientra, a mo’ di seno, fra l’ombra cupa della foresta.
«Là ad accrescere la mestizia del luogo appajono d’un tratto all’occhio tre grosse croci dal funebre aspetto, la cui vista stringe il cuore al viandante e gli strappa una preghiera mortuaria in suffragio di quei tre infelici, che, in quel punto sorpresi da uno di quei vorticosi turbini di neve, che d’inverno, talvolta anche a cielo sereno, sono il flagello di questi monti, incontrarono privi d’ogni umano conforto, miseranda fine. Poco sopra si erge quasi piana la vetta che viene appunto chiamata delle Tre Croci; di là comincia a stendersi, in dolcissimo pendio, verso la convalle del Brugneto, un incantevole altipiano, formato da praterie tutte ricoperte da soffici zolle di muschio alpino, ed in ogni direzione percorso da grosse e spesse file di faggi che recano a quei prati continua frescura.
« Non credo che l’arte, neppure nei più sontuosi parchi regali, sia giunta a formare UN luogo sì vago e sì delizioso, nonché in quelle, ma in proporzioni molto minori.
La posizione alta (m. 1500 sul mare) ed aprica, la vista che di là verso oriente si gode dalla sottostante convalle del Brugneto alle più remote cime dell’Apennino Ligure, rendono quel luogo vieppiù ridente e caro. Sono certo che se, invece di trovarsi nei nostri monti, esso si fosse trovato in Isvizzera, a quest’ora già si sarebbe pensato a costruirvi un villaggio, se non altro per attirarvi nella buona stagione una colonia di villeggianti, che per fermo non mancherebbe d’accorrervi numerosa, quando là si trovassero case ed alberghi decenti, con tutto quelle cose, che più al vivere sono necessarie; oggi poi che il vicino comune di Propata tratta di fare la sua strada carrozzabile, la quale, per la natura del suolo, con poca spesa potrebbe prolungarsi fino alle Tre Croci, vieppiù agevole diventerebbe l’impresa.
« Dal monte delle Tre Croci vedemmo staccarsi a sinistra un’altra bella e verdeggiante costiera, quella che separa il ramo principale della Borbera, tributaria della Scrivia, dalla convalle di Campassi. Poco più oltre, nel punto dove si stacca a destra la costiera che divide le due convalli del Brugneto e del Cassingheno, è il triplice confine delle provincie di Genova, Pavia ed Alessandria, subito dopo SI stacca a destra un’altra costiera, quella che separa la convalle del Cassingheno da quella del Terenzone, sul fianco meridionale di questa costiera, ossia verso il Cassingheno, si scorge
in eminente posizione fare bella mostra di sé il villaggio di Fascia (m. 1118) il più alto comune dell’Apennino Ligure; sul fianco opposto della costiera sorge in alto a 1407 metri sul mare un pio edificio, ossia la romita cappella detta delle Tre Croci.
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