Bobbio, 20 ottobre 1889. Margaret Stokes, irlandese come Joyce e tanto elogiata da Wilde, è seduta al tavolo dell’albergo dove alloggia, il “Leone Bianco”, in via Garibaldi, angolo via del Pozzo. Stanca, ma felice. Scrive una lettera, direzione chissà, di sicuro Oltremanica, forse Irlanda, l’isola smeraldo da cui era partito il santo Colombano e che Margaret segue, segue, segue, da sola, a tratti con l’amica miss Porter, fino ad arrivare poi a inginocchiarsi davanti alla sua tomba. La sua è una devozione soprattutto culturale, schietta, fotografica, quando la fotografia non era a portata di telefonino, ma andava sedimentata, nasceva lenta, e un errore di luce poteva vanificare la documentazione di un viaggio difficile, lungo, faticoso. «Caro M. Sono abbastanza innamorata degli Appennini e penso siano più pittoreschi e più belli nei colori, non solo all’alba e al tramonto ma in ogni ora del giorno, di come pensavo essere le Alpi», scrive Margaret. Passano tre anni, è il 1892. Tre anni dopo quel viaggio, dagli scatti delle fotografie fatte e sviluppate in una camera oscura di quella stanza al “Leone Bianco” (diventerà poi il mitico “Barone”, quello dove si fermò pure la regina Soraya), viene pubblicato a Londra “Six months in the Appennines”, “Sei mesi in Appennino”.
Il testo finisce perduto, passano i decenni, poi il secolo. Don Santino Poggi, docente a Bobbio, lo traduce in italiano; Mario Zerbarini lo riscopre e lo restituisce a tutti noi: è ricchezza, è un tesoro, questa cavalcata al femminile nei secoli, valorizzata nell’edizione “L’Erta” che è stata presentata in agosto dall’editrice Eliana Ferioli durante la Settimana della Letteratura.
Elisa Malacalza
La riscoperta dell’opera della Stokes
Mario Zerbarini, già curatore di “Il dottore che reinventò l’ospedale di Bobbio” per Pontegobbo, ha dedicato anni a ridare voce a Margaret Stokes e al suo incredibile viaggio.
Spiegando la genesi dell’interesse, che già prima di lui aveva trovato terreno fertile nella mente creativa di don Santino Poggi: «Capita spesso di andare in libreria e meno sovente in biblioteca dove si va sempre per la ricerca di qualcosa di nuovo o di cose dal “sapore antico” con il risultato di uscire il più delle volte a mani vuote», dice Zerbarini. «Da parecchio tempo, da decenni, avevo sentito parlare della visita a Bobbio della scrittrice Margaret Stokes nel 1889, i cui reperti su San Colombano, Piacenza e la valle del Trebbia erano stati raccolti in una pregevole pubblicazione in inglese ricca di fotografie dal titolo “Six months in the Appennines”. Negli Archivi Storici Bobiensi ricordo di aver intravisto il volume in inglese. Non ho quindi approfondito il valore di questo testo fino a quando un giorno mia figlia Enrica ormai prossima alla laurea in lingua e letteratura italiana, ritornando agli archivi, mi ha portato questo meraviglioso racconto con traduzione italiana a fronte del mio vecchio professore e letterato di elevato spessore don Santino Poggi».
Ci si è aggiunta poi la sensibilità di Eliana Ferioli ed è nato un libro che non può mancare nelle librerie piacentine e non solo: «Abbiamo pubblicato, per la prima volta in Italia, le lettere, le osservazioni, i disegni di Margaret Stokes, studiosa di arte antica e archeologia, scrittrice e illustratrice», spiega l’editrice.
Chi era Margaret Stokes
Margaret McNair Stokes nacque nel marzo 1832 a Dublino, una cinquantina d’anni prima del conterraneo James Joyce, e morì nel settembre del 1900, a 68 anni. Quando giunse a Bobbio aveva quindi 57 anni: non era “giovanissima”, soprattutto per una donna di fine Ottocento. Irlandese, antiquaria, grafica, conquistò relativa fama più per le illustrazioni che per i suoi viaggi culturali, i quali oggi rivelano invece spessore e lungimirante prospettiva.
(Articolo tratto dal N° 40 del 10/12/2020 del settimanale “La Trebbia”)
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