Alpe è una frazione di Gorreto a circa 65 km da Genova, a 920 m. slm
Il piccolo borgo si raggiunge da Gorreto, attraverso un bivio che risale la Valle del Terenzone per circa 8 km. I residenti della piccola frazione sono 15, i cognomi più frequenti sono Salvi e Zanardi. Come Vami, anche Alpe si trova a ridosso delle pendici del Monte Carmo; i due paesi, infatti, sono uno di fronte all’altro, “Trovo questo nome per la prima volta in un istrumento del 1252…poi di nuovo nel 1259, ove è nominato Guglielmo di Alpe, “speziale” (da Storia dei Comuni e delle Parrocchie della diocesi di Tortona, di Mons. Clelio Gelli). Alpe in quegli anni era sotto i Malaspina fino all’estinzione dei feudi. La parrocchia venne eretta nel 1687, staccandola da Fontanarossa.
E’ sede di feste da piffero e patria del pifferaio Andrea Zanardi; l’ultimo sabato di agosto vi si svolge una delle feste più belle e vissute delle Quattro Province (Genova, Pavia, Piacenza ed Alessandria): la festa della leva. Dal primo pomeriggio fino a sera, i suonatori fanno visita alle case del paese con un grande seguito di locali ed appassionati. Canti e brindisi hanno luogo in ogni casa in uno spirito di ospitalità e antica convivialità.
Come si viveva:
Per capire meglio quali erano le reali condizioni di vita prima che molti dei suoi abitanti emigrassero altrove abbiamo incontrato Pinin, nativo di questa frazione, per farci raccontare come ha trascorso gli anni della sua giovinezza tra scuola, balli e tanta, tanta fatica. Giuseppe Zanardi, “Pinin”, ci spiega che ad Alpe, ancora sessant’anni fa c’erano moltissime famiglie e le classi erano “affollate”, anche 40 bambini; si faceva lezione tutti assieme in un’unica grande aula con un maestro molto severo. Ma all’istruzione veniva data un’importanza relativa: il problema delle famiglie era quello di avere qualcosa da metter in tavola. I bimbi erano costretti a lavorare già a 5/6 anni portando le mucche al pascolo o raccogliendo castagne e patate.
L’alimentazione era piuttosto monotona: “Ma se era polenta tutti i giorni!” esclama Pinin, A questa si accompagnava la formaggetta fatta in casa, visto che la maggior parte delle famiglie aveva qualche mucca….Con quanta parsimonia suo papà ne tagliava fettine trasparenti per distribuirle a tutti i membri della famiglia. Si consumavano moltissime castagne e la loro farina, con cui era preparato il pane.
Con il suo racconto autentico sembra che Pinin ci voglia rendere partecipi del senso di quella loro vita povera e stentata, ma profondamente dignitosa, degna a pieno titolo di esser ricordata nel nostro tempo. E con le stesse parole, però, sembra voglia trasmetterci il sentimento forte che lo lega ancora a quei gruppi di case e a quei sentieri che sono stati la sua vita.
(Fonte: N° 14 – Aprile 2008 del periodico “Le voci dell’Antola”)
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