L’opera racconta la storia di Ascona Valdaveto, un piccolo villaggio sui monti dell’Appennino Ligure, nel comune di Santo Stefano d’Aveto, ma per secoli legato al villaggio piacentino di Torrio. Sino a metà degli anni sessanta del ‘900, chi giungeva da fuori arrivava ai due villaggi attraverso le mulattiere a piedi.
Oggi questo borgo conta meno di venti abitanti, ma non più tardi di settanta anni fa i residenti erano dieci volte tanti, anche se in tanti erano emigrati oltre oceano.
La prima testimonianza su Ascona, l’autore l’ha rintracciata nell’Historia Ecclesistica di Piacenza (1651) a cura del Campi, dove nel 302 d.C., tra le proprietà della Diocesi piacentina sono citati Tyro Tyrum e Oscu Osconam, identificabili come Torrio e Ascona.
Il nome Scaone, che gli storici riconoscono come Ascona compare alla fine del primo millennio in un inventario dei possedimenti dell’abbazia di San Colombano, assieme a quelli di Turrio, Caterrungna, Nocetole e Metelia. Per ritrovare il nome di Ascona bisogna arrivare al 1423 nell’atto di cessione del feudo ai Malaspina da parte dei Visconti e più tardi nei registri del Ducato di Piacenza datati 1462 e 1476 dove venivano registrate le tasse che i villaggi di Torrio ed Ascona, facenti parte del marchesato di Gambaro.
Notizie che riguardano direttamente la vita del paese si hanno però dal 1500 quando i fratelli Cristoforo e Bernardino Ascona, ultimi rappresentanti della famiglia che diede o prese il nome al paese, fuggirono dalla val d’Aveto per rifugiarsi nella più ospitale val Nure, seguiti a distanza di dodici anni dall’altra famiglia che abitava il paese, i Cavanna. A quel tempo Ascona faceva parte del piccolo marchesato di Gambaro; il legame con Torrio e il territorio piacentino si protrarrà sino all’invasione da parte delle truppe di Napoleone, alla fine del quale l’assetto amministrativo di Torrio e Ascona prese strade separate: Il primo tornò (1822) a far parte del ducato di Parma e Piacenza, Ascona entrò a far parte del Regno di Sardegna, inglobata nella provincia di Chiavari, poi dal 1859 in quella di Genova.
Le pagine del libro oltre a raccontare eventi e storie di uomini, donne, famiglie, tradizioni, arti e mestieri, modi di dire, usi e costumi, contengono documentate schede su Torrio, Velleia, Bobbio, sul marchesato di Gambaro e sui Malaspina, località e famiglia che hanno avuto relazioni con Ascona. Ulteriore interesse viene dal capitolo sull’emigrazione con le “Storie dal nuovo mondo”.
Attraverso le immagini d’epoca (da fine Ottocento fino ai giorni nostri) si scopre l’Ascona del passato nelle sue diverse sfaccettature: il paesaggio, la sua gente, le tradizioni civili e religiose. Un’appendice è dedicata ai soprannomi dialettali di persona e di famiglia. Il volume trasmette al lettore tutto il fascino del passato e una riflessione sul futuro.
Silvano – scrive Francesco Barattini nella presentazione – ha avuto la curiosità e la perseveranza di non fermarsi al ritratto attuale di Ascona che ormai ingolfa, scatto dopo scatto, la memoria degli smartphone. Si è invece fatto strada tra le frasche della storia incrociando piani eterogenei di fonti storiche fin dalle epoche remote alle quali la ricerca è riuscito a risalire; contatti inaspettati con paesi e genti vicine e lontane, toponimi che cambiano, confini che si spostano.
(Articolo tratto dal N° 35 del 29/10/2020 del settimanale “La Trebbia”)
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