E’ un sentiero piuttosto lungo, ma non faticoso, che segue sempre lo spartiacque tra la val Trebbia e la val d’Aveto. E’ da percorrere nelle giornate di bel tempo, per il magnifico panorama che si ammira soprattutto in certe giornate terse d’autunno, quando i boschi e le praterie assumono i mille colori della stagione più variopinta delle nostre montagne.
Dal valico di Fregarolo una sterrata porta verso le praterie del monte Laghicciola; qui, tra ginepri e mirtilli, fiorisce l’arnica: si tratta di una pianta dalle proprietà medicinali, inserita nell’elenco delle specie protette dalla Legge regionale 9/84. Tra il giallo fiorire dei maggiociondoli e quello delle ginestre dei carbonai, si fa strada qualche faggio arbustivo, dal tronco irregolare e ramificato sin dalla base. Si succedono, alternandosi in brevi spazi, ambienti anche molto diversi tra loro: sulla roccia assolata vivono piante di tipo mediterraneo, mentre qualche lucertola bruna si nasconde al nostro passaggio. Le radure sono popolate da arbusti di ginepro, brugo e mirtillo. La presenza della spirea e del lampone caratterizza invece il margine della faggeta; sotto la sua fresca ombra fioriscono gli anemoni, e nell’abbondante lettiera di foglie di faggio si sta creando l’ambiente ideale per la crescita dei funghi.
Sul versante del Trebbia, sotto di noi, appare l’abitato di Casoni. Appena giunti al crinale, si ha una suggestiva visione sull’Aveto, con gli inconfondibili profili del Penna e del Pennino, e su tutta l’alta val Trebbia, dove si distingue bene la forma massiccia del Bric Rondanina, nel versante opposto. I faggi sembrano risalire a riconquistare il crinale, con esemplari dal portamento contorto, quasi sofferente. Sulle praterie del lago della Nava, al momento della massima fioritura, volano numerose farfalle dai colori variopinti: sono le cedronelle, le icaro, il tabacco di Spagna. Queste praterie d’altitudine rappresentano il territorio di caccia ideale per i rapaci diurni: sono le poiane, che non è raro veder volteggiare alte alla ricerca delle prede, costituite da piccoli roditori e rettili, oppure i falchi pecchiaioli, che preferiscono invece una dieta a base di insetti. Ma molti altri animali difficilmente si lasciano osservare durante il giorno: nel caso delle volpi, delle faine, dei cinghiali, oggi anche troppo numerosi, è più facile annotarne le tracce, sotto forma di orme, escrementi, resti di pasto. Il sentiero passa in lembi di faggeta, praterie arbustate, brughiere ed estese formazioni di felce aquilina. Sulle rocce più aride e assolate vivono piante aromatiche quali timo, elicriso e santoreggia; qualche graminacea coraggiosa colonizza i detriti sassosi.
Dopo una valletta, dove sgorga una piccola fonte, si giunge, per una faggeta con esemplari d’alto fusto, al passo della Rocca. Il sentiero piega decisamente a destra, scendendo ripido tra ginepri e mirtilli. Le aquilegie si fanno notare per il viola intenso delle loro singolari corolle. Una valletta umida ed ombrosa è abbellita dalla presenza di delicate sassifraghe e di felci frondose, mentre sui detriti ciottolosi allargano le loro foglie rotonde e dentate le adenostili. Nella faggeta, alcuni esemplari sono stati colpiti dalla galaverna, un fenomeno atmosferico spesso molto dannoso per i boschi della zona; tra i faggi, l’acero opalo aggiunge una pennellata di giallo vivo al bosco d’autunno, già ricco di colori.
Il percorso sale ora dolcemente, fra cespugli di lamponi e rose selvatiche e pascoli, fino ad un suggestivo scorcio sul versante nord del Ramaceto. Dopo aver notato la presenza di qualche vecchio castagno, si ritorna ad ammirare, tra sorbi, pioppi tremoli e faggi, il panorama della valle: le case di Tartogni, le fasce terrazzate intorno al nucleo rurale di Costafinale e, sullo sfondo, il mare.
Le brughiere si fanno frequenti, mentre nelle vallecole umide si insedia l’ontano bianco. Faggi, ornielli, frassini, aceri e sorbi formano i fitti boschi che ammantano i versanti, mentre il fondovalle ospita annosi castagneti da frutto. Tra i pascoli, si giunge alla Cappelletta di Cardenosa; è possibile vedersi alzare in volo, gracchiando, le cornacchie grige. L’itinerario prosegue tra praterie abbellite da bordure di maggiociondolo, arbusto dai fiori gialli riuniti in grappoli e dalla foglia che ricorda quella del trifoglio. Ai margini dei boschetti di faggio ci colpisce, nella tarda estate, la fioritura di una splendida genziana, la Gentiana asclepiadea. Si fanno adesso più numerose ed evidenti le tracce della presenza umana, sotto forma di terrazzamenti, ruderi di case e di essiccatoi per le castagne, ma anche purtroppo del passaggio del fuoco.
Si percorre per un lungo tratto un bosco di faggio, che in certi momenti si fa particolarmente suggestivo, quando una nebbia sottile impregna l’aria e le cose. La faggeta si interrompe talvolta per lasciar spazio a boschetti di ontano bianco: come l’ontano nero, da cui differisce soprattutto per il colore e la forma della foglia, anche quest’ontano è favorito dall’accumulo di umidità nel suolo. Dove il bosco sta per cedere il posto alla prateria, il passaggio non è netto, ma viene gradualmente annunciato da lamponi, mirtilli, ginepri e spiree. Le praterie prendono il sopravvento a mano a mano che ci si avvicina a Costafinale.
Un ultimo colpo d’occhio sul magnifico panorama: se il tempo ci è stato favorevole, più volte siamo riusciti a vedere la cerchia delle Alpi, con le alpi lombarde, le alpi valdostane, il Monviso, le alpi liguri e marittime. Tra Savona e Genova abbiamo potuto riconoscere il massiccio del Beigua e la zona di Praglia; ad oriente, dietro i rilievi del Bracco, biancheggiavano le Alpi apuane. Una mulattiera scende dolcemente verso le prime case del paese.
(Articolo tratto dalla pubblicazione “Itinerari naturalistici” della Comunità Montana Alta Val Trebbia)
(La fotografia di Costafinale è di Giacomo Turco)
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