L’argomento centrale di questo itinerario proposto è il Trebbia, o meglio il buono stato di conservazione delle sue acque: l’ecosistema Trebbia è tra i più ricchi di specie, e rivela ad ogni passo interessanti scoperte, angoli suggestivi e immagini capaci di regalare insieme meraviglia e serenità al visitatore. L’itinerario si snoda completamente lungo il fiume: è necessario effettuare alcuni guadi, per nulla impegnativi.
All’altezza della località Costamaglio, dalla statale 45 si prende la deviazione per Trebbie Burche e si scende fino al ponte. Qui il bosco sulle rive del fiume è fatto di ontani neri, frassini maggiori, ontani bianchi, salici a foglie strette e qualche orniello; sotto gli alberi e sulle sponde vediamo in estate la rossa fioritura della canapa acquatica e le grosse foglie rotonde del farfaraccio.
Si scende adesso sul greto del fiume, costeggiandolo per un breve tratto, e, con il primo guado, ci si porta sulla sponda sinistra, dove è situato il piccolo nucleo di case di Trebbie Burche, tra le quali c’è un mulino. Di fronte, il Trebbia ha scavato una bella ansa nella roccia stratificata.
Ci appare a sinistra una depressione colma d’acqua, ricavata nel terreno, che serve da abbeveratoio per il bestiame. Alcune specie di insetti popolano la pozza d’acqua stagnante: sono i gerridi e le idrometre, dalle zampe lunghissime, con cui scivolano sull’acqua come abili pattinatori, con movimenti brevi e scattanti. Il fondo è tappezzato da una pianta simile a un’alga, dai minuscoli fiori verdi, poco appariscenti: il Myriophyllum spicatum o millefoglie d’acqua; talvolta le sponde sono ricoperte da un tappeto di veronica beccabunga, dai tipici fusti striscianti. Inoltre troviamo le grandi foglie del farfaraccio, i cespi del giunco e i sottili fusti della coda cavallina. Attraversato un boschetto fatto di radi arbusti di ontano bianco e ontano nero, il sentiero scende lungo il fiume; con un altro facile guado si raggiunge l’altra sponda.
Sorprende la varietà di specie vegetali che incontriamo, di qui in avanti: visto che il sentiero procede in piano, avvicinandosi o allontanandosi solo di poco dal corso d’acqua, abbiamo tutto il tempo per provare a riconoscere qualcuna fra le piante più comuni.
Tra gli alti arbusti ci sono le specie tipiche dei corsi d’acqua, come gli ontani neri, i salici dalle foglie allungate, e più sporadici, gli ontani bianchi; compaiono anche arbusti comuni nei boschi lì intorno: noccioli, biancospini, rovi, e addirittura qualche arbusto di faggio, ad una quota eccezionalmente bassa, ma favorito dall’umidità dell’ambiente.
Le specie erbacee sono numerosissime, ed è impossibile elencarle tutte: si riconoscono specie di faggeta, come il senecio nemorale, un’alta erba dai piccoli fiori gialli composti; il geranio nodoso, dal delicato fiore rosa; la polmonaria, dalle grandi foglie macchiate di chiaro; e ancora l’euforbia dolce, il sigillo di Salomone, l’aglio orsino, la flessuosa spirea. Altre specie sono comuni anche in altri tipi di boschi: sono gli ellebori, le campanule, le primule, gli anemoni. Ma soprattutto abbondano quelle piante che affondano volentieri le radici nei terreni intrisi d’acqua, o sulle rocce umide e ricoperte di muschi dei torrenti ombrosi: la canapa d’acqua, il farfaraccio, la adenostile, tutte appartenenti alla famiglia delle composite; e andrebbero citate ancora la menta d’acqua, la coda cavallina, o le numerose sassifraghe.
Anche la fauna del fiume ci propone incontri interessanti: per esempio nella buona stagione potremo seguire le fasi della metamorfosi del rospo comune. Nel mese di giugno lunghi cordoni gelatinosi, giallastri, contenenti piccole di macchie scure sferiche, sono immersi nelle limpide acque del fiume: sono le uova deposte dalla femmina del rospo in primavera. Ciascun cordone ne contiene circa quattromila.
Quando giungono a maturazione, il greto del fiume è tappezzato da migliaia di girini scuri, che però in questa fase subiscono drastiche riduzioni di numero ad opera dei loro predatori, quali ad esempio le bisce d’acqua. I girini si nutrono sia di piccole alghe incrostanti sia delle larve di insetti, in questa stagione assai numerose. Tra luglio ed agosto avviene la metamorfosi: l’adulto raggiungerà la maturità sessuale nel giro di due o tre anni.
Le fresche acque del fiume ospitano alcuni esemplari di trota fario, la trota indigena dei nostri fiumi. Viene distinta dalla trota iridea (nordamericana, presente nei nostri fiumi in seguito ai lanci effettuati per i pescasportivi) per via delle rosse macchie tondeggianti ai lati del corpo. Si distinguono per la forma diversa oltre che per le dimensioni alcuni esemplari di un altro pesce: l’alborella.
Ma gli incontri interessanti non sono terminati. Questa è una delle poche stazioni abitate da un vero gioiello dei fiumi, ormai quasi ovunque scomparso a causa dell’inquinamento e della cattura: il gambero di fiume. E’ questo un crostaceo che vive nei torrenti e nei fiumi dove l’acqua è ben ossigenata e limpida. Il gambero di fiume predilige i greti ciottolosi ricoperti da un sottile strato di alghe; passa il giorno sotto le pietre, o in gallerie che scava negli argini aspettando che la corrente gli porti il cibo: nella sua dieta, molto varia, non disdegna il detrito organico di qualsiasi natura, notte che diventa un cacciatore si nutre di larve di insetti, di molluschi, di girini, di piccoli anche della sua specie, di uova di pesce, che afferra con le potenti chele. Suoi predatori sono alcuni pesci, alcuni uccelli, e le arvicole d’acqua.
(Articolo tratto dalla pubblicazione “Itinerari naturalistici” della Comunità Montana Alta Val Trebbia)
(L’immagine del mulino di Trebbie Burche è tratta dal sito https://camperlife.it/)
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