Il problema principale del fotografo di montagna è rendere l’idea dei grandiosi scenari naturali che incontra. Uno dei fattori più importanti, come del resto in tutti i tipi i generi fotografici, è la luce: la luce ideale in montagna è quella dell’alba o del mattino, e del tardo pomeriggio fino al tramonto, vale a dire la luce radente. Questa ha il grande pregio di dare maggiore risalto alle forme e di essere una luce più calda, e quindi più suggestiva, di quella che ci può essere normalmente nelle ore centrali della giornata. Ciò non toglie naturalmente che si possano fare eccellenti fotografie a tutte le ore del giorno, notte compresa.
I FILTRI possono essere ottimamente utilizzati per migliorare la qualità della luce: i filtri veramente indispensabili sono, in estrema sintesi, sostanzialmente tre:
1) Filtro UV: Attenua o elimina le radiazioni ultraviolette, ovvero toglie la dominante azzurrina provocata dai cieli (es, sulle facce o sulle rocce). Molti fotografi lo tengono permanentemente sull’obiettivo a protezione della lente frontale.
2) Filtro polarizzatore: Elimina i riflessi (es, dalle superfici d’acqua), satura i colori (specie i cieli). L’effetto può essere graduato ruotando l’apposita ghiera. Il risultato dipende dalla posizione della ripresa rispetto al sole (massimo effetto col sole alle spalle). E’ uno dei filtri con cui si ottengono gli effetti più spettacolari! Raccomandato!
3) Filtro skylight: Simile al filtro UV, ha in più una colorazione leggermente rosata che “scalda” i colori.
Altri filtri che possono essere utilizzati con buoni risultati sono i filtri graduati o con una sfumatura di colore, es. tabacco, salmone ecc.. Servono per rendere più interessanti quei pallidi cieli estivi tipici dei mesi di luglio e agosto.
LE PELLICOLE: I risultati migliori si ottengono con le diapositive (che tra l’altro possono essere ottimamente stampate). Delle buone pellicole sono: Kodak Extachrome 64 o Kodachrome 100 ASA. Sensibilità maggiori in montagna non servono: luce ce n’é sempre in abbondanza. Conviene anzi sottoesporre di circa mezzo diaframma rispetto alla sensibilità nominale della pellicola: si avranno colori più saturi e ottimo contrasto. Utile, eventualmente, un piccolo treppiede, di quelli alti 20 cm con le gambe estraibili.
Naturalmente se si pensa anche di fare caccia fotografica il discorso cambia radicalmente: in questo caso servono dei teleobiettivi, minimo un 300 mm. piuttosto luminoso, e pellicole “veloci” di almeno 400 ASA o superiori (attenzione, più alta é la sensibilità e più aumenta la “grana” e diminuisce il contrasto!). E ovviamente un treppiede serio o un più pratico monopiede.
Un altro dei grandi problemi è rendere l’altezza e la maestosità delle montagne. In questi casi un buon grandangolare è ciò che ci vuole: diciamo che un 28 o un 35 mm è la scelta migliore. Per rendere bene l’idea dell’altezza di una montagna è importante NON inclinare la macchina. Il grandangolo ha un angolo di campo molto più ampio del cosiddetto obiettivo “normale”, e quindi consente inquadrature ariose anche da distanze contenute. Non a caso viene utilizzato spesso anche in interni.
Un altro fattore importantissimo nella foto di montagna è la presenza umana: questa non dovrebbe mai mancare, perché solo in questo modo si ha il senso della proporzione con le montagne e la natura circostanti. Un paesaggio senza nessuno di questi riferimenti visivi correrebbe il rischio di apparire scialbo. Ovviamente si deve evitare la classica posa del turista che guarda la macchina con la solita faccia. Molto meglio fargli fare qualcosa, farlo camminare su un sentiero o fargli almeno osservare il panorama. Si possono mettere nell’inquadratura anche altri elementi che possano dare un’idea delle proporzioni, per esempio una baita, un torrente, un sentiero, un paesello, una staccionata, una mucca che rumina ecc..
Ultima raccomandazione: avete le gambe, usatele! Cercate sempre delle buone inquadrature, non limitatevi a far foto dal sentiero!
Articolo gentilmente concesso dal sito “Avventurosamente”: http://www.avventurosamente.it
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