L’uso di incidere croci, monogrammi di Cristo o altri simboli sulla pietra che poggiava sui due stipiti della porta di ingresso era diffuso nell’Appennino e nelle zone alpine. Per quanto concerne l’area sotto la loro influenza questa consuetudine è da attribuirsi ai monaci di San Colombano che, tramite questi simboli, volevano trasmettere profondi significati collegati alle Sacre Scritture; oltre a quelle religiose vi erano probabilmente anche implicazioni magiche cioè di protezione dai sortilegi. La presenza di architravi incisi è stata studiata, per quanto riguarda i paesi della Val d’Aveto, della Valle Sturla, della Val Fontanabuona e della Val Graveglia, da A. Oggiano. Tracce di simbologie giudeo-cristiane nell’architettura insediativa della “maritima” bobbiense, in Archivum bobiense, XXI,1999, pp. 265-296.Non mi risulta che ricerche analoghe siano state fatte per i paesi della Val Trebbia. Mi sono stati personalmente segnalati tre architravi monolitici istoriati nell’ottonese e precisamente a Ottone, Campomolino e Bertone; li ho visionati ed analizzati. Il graffito di Ottone – segnalatomi da Ada Corsini – si trova in un muro perimetrale del Palazzo Carboni su una parete per il restante intonacata, si tratta probabilmente dell’architrave di una porta ormai chiusa ed è rimasto visibile grazie all’intelligenza di chi ha restaurato la parete. Il manufatto, dalla forma approssimativamente rettangolare, misura cm 40 x 130; appare diviso in tre parti: sulla sinistra porta incisa una croce greca (dai bracci uguali), al centro due cerchi concentrici con attorno raggi a rappresentare il sole, sulla destra una croce latina e accanto quella che appare come una fusione di due croci bicorni, nelle quali cioè i bracci terminano con un segno a forcella. Il sole già nell’antichità pagana era un simbolo divino e nel mondo cristiano è diventato il simbolo di Cristo; la croce bicorne, raramente rappresentata, trova le sue origini nella teologia giudeo-cristiana dei primi secoli che la trasmise ai Copti dell’Alto Egitto e dell’Etiopia. Difficile la datazione ma il tipo di graffito farebbe propendere per il periodo tra l’Alto ed il Basso Medioevo. Il manufatto di Campomolino – segnalatomi da Gianni Capelli – ha forma triangolare con il lato di base di 115 cm, porta incisa una croce latina rinforzata (cioè con un segmento ortogonale all’apice di ogni braccio) con attorno due spirali e sotto la seguente iscrizione: 1721 AD 17 LUGL(IO); AD deve intendersi come l’abbreviazione di Anno Domini (anno del Signore). Attualmente si trova adagiato in posizione orizzontale e utilizzato come sedile.Si tratta indubbiamente anche in questo caso di un architrave di porta ormai distrutta, potrebbe provenire dai ruderi delle case di Campomolino coinvolte nella grande frana che nella seconda metà dell’Ottocento scese da sotto Bertassi e sommerse parte del paese. Il manufatto di Bertone – segnalatomi da Fabrizio Casazza – è l’unico a svolgere ancora la sua funzione di architrave della porta di ingresso di una casa purtroppo in rovina. Ha forma irregolare ascrivibile ad un rettangolo di 30 x 115 cm. Presenta tre graffiti: sulla sinistra un cerchio, al centro una croce latina rinforzata e a destra il fiore a sei petali dalle origini molto antiche e variamente denominato: fiore della vita, rosa dei pastori, rosa carolingia, rosa celtica, sole delle Alpi. Il fiore a sei petali è una raffigurazione diffusa nelle antiche civiltà, nel Medioevo la chiesa cattolica lo ha indicato come simbolo di risurrezione.
L’età del graffito di Bertone, in mancanza di una indicazione cronologica, è difficile da individuare ma è probabilmente da ascriversi ai primi secoli del Basso Medioevo: Bertone è nominato per la prima volta in un documento del 1250 ma la sua origine è senz’altro di qualche secolo antecedente. E’ mia intenzione fare un catalogo delle incisioni sugli architravi (o anche sugli stipiti e sulle pietre d’angolo) presenti nel territorio dell’Alta Val Trebbia tra Bobbio e Torriglia ma per questo ho bisogno dell’aiuto dei lettori della Trebbia; chi intende collaborare dovrebbe segnalarmi eventuali reperti nei luoghi di sua conoscenza scrivendomi al seguente indirizzo mail: giosilvius@virgilio.it o su WhatsApp al n. 3405995314. Sarà poi mia cura recarmi sul luogo per prenderne visione diretta dei manufatti.
Giovanni Salvi
(Articolo tratto dal N° 3 del 30/01/2020 del settimanale “La Trebbia”)
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