Il Periodico News ha intervistato uno dei tanti cercatori di tartufo dell’Oltrepò.
I tartufai si sa non amano apparire e noi comprendiamo i motivi. Sicurezza per i cani di grande pregio e difesa dall’eterno tassatore italiano. Per questo abbiamo accolto la richiesta d’indicare solo le sole iniziali dell’intervistato. Il tartufo in Oltrepò si aggiunge al salame, al vino, alla cacciagione come prodotto della gastronomia tipica. La richiesta di questo prodotto sui mercati internazionali è in crescita e questo fa si che i prezzi si mantengano buoni. Molti raccoglitori lo fanno per hobby, alcuni grazie al prezioso tubero hanno alleggerito gli effetti della crisi economica ancora in corso inventandosi una piccola attività commerciale.
Partiamo dall’Italia, quali sono le zone vocate per la raccolta del tartufo?
“Sicuramente tutto l’arco appenninico dal Piemonte al Molise, con due regioni di grande rilevanza come il Piemonte e l’Abruzzo. Alba è famosa per il tartufo bianco mentre in Abruzzo si trova il nero pregiato”.
L’Oltrepo è un buon posto per la raccolta dei tartufi?
“Sicuramente sì, da noi esistono tutte le varietà di tartufo nero e bianco presenti in Italia. È una zona molto ricca ed estesa che con il tempo sta mostrando purtroppo un impoverimento delle tartufaie”.
Di questo impoverimento non è il solo a parlarne, che succede?
“Alcune tartufaie sono molto sfruttate, troppi cercatori ‘ci lavorano sopra’. Un altro problema è l’apertura della stagione di raccolta a giugno. La raccolta è regolarizzata secondo i periodi di maturazione delle variatà di tartufo. Il risultato è che da giugno ad aprile è permessa la ricerca. Un tempo prima di luglio non si andava a tartufi e questo permetteva la loro maturazione e la conseguente maggiore diffusione di ife e miceli. E poi i fioroni che si trovano a giugno hanno solo valore industriale e non tradizionale”.
Che significa valore industriale?
“Il tartufo nero viene trasformato in olio e in prodotti aromatizzati destinati alla grande distribuzione”.
Fino a che altitudine si trovano?
“Il nero fino a 1200mslm, il bianco fino a 700mslm, quest’ultimo lo si trova anche in pianura”.
Quali sono le stagioni della raccolta dei tuberi più preziosi?
“Per quanto riguarda il tartufo nero il più prezioso è il Melanosporum che da noi si raccoglie da novembre a febbraio. Il magnatum invece è il bianco più ricercato e matura da settembre a dicembre”.
Quali sono le piante tartufigene più comuni da noi?
“Nelle terre alte rovere, roverella nocciolo e carpino, nell’Oltrepò basso sicuramente il tiglio che ha la capacità di micorizzarsi con qualsiasi varietà di tartufo bianco o nero”.
Esistono in Oltrepò coltivazioni di piante tartufigene?
“Si, e grazie a queste coltivazione non si sente l’impoverimento delle tartufaie naturali. Il problema è che io trovo tartufi sotto piante di cinquant’anni mentre le piante coltivate hanno un ciclo di vita inferiore. Inoltre la micorizzazione standardizzata va contro la biodiversità che attualmente ancora resiste e dà pregio alla zona”.
Cosa è per lei il cane?
“Il cane per me è anzitutto una passione, tutti i cani potrebbero raccogliere tartufi, alcune razze sono più adatte, a tutti va insegnato fin da cuccioli a individuarli e raccoglierli, io cerco di lasciarli divertire mentre cercano. Il cane per me è un amico”.
Si dice che vengano stressati per renderli più efficienti…
“In alcuni casi l’approccio al cane è incalzante e può sembrare duro, sono comunque cani che vengono trattati con ogni riguardo. Detto questo lo ritengo un atteggiamento poco conveniente. Se il cane si diverte a raccogliere lavora di più, gli pesa meno. Se non è in giornata comunque lo tratti non ottieni molto”.
Che razze si usano?
“Un tempo erano tutti meticci, ora si usano i cani da caccia. Il cane da tartufi per eccellenza è il lagotto romagnolo. Il cane di razza ti assicura una buona continuità di attitudine”.
La differenza nel rapporto con il cane fra il tartufaio e il cacciatore qual è secondo lei?
“Noi dipendiamo totalmente dal cane, per il cacciatore è un ausiliario”.
A proposito di caccia, la presenza dei cinghiali vi danneggia?
“Le tartufaie vocate al nero vengono regolarmente visitate dai cinghiali, il miglior raccoglitore di tartufi è da sempre il maiale”.
Che linguaggio usa con il cane?
“Gli parlo in dialetto, i miei amici ridono quando mi sentono. È un dialetto misto vogherese – varzese”.
Nel nord Italia quando si pensa al tartufo si pensa ad Alba, noi siamo conosciuti?
“Alba è una vetrina internazionale che attira compratori da tutto il mondo, il tartufo bianco è un prodotto di nicchia, fa parte del cibo di lusso come il caviale o i grandi vini. Il nero invece ha il suo mercato più conosciuto all’estero in Umbria. Il nero si presta alla produzione di olio e prodotti alimentari aromatizzati che hanno grandi mercati nel mondo, in quella regione ci sono molte aziende di trasformazione”.
È una leggenda il fatto che noi vendiamo i tartufi ad Alba?
“No, è vero ed è normale. Alba è un grande mercato con prezzi convenienti per i raccoglitori. Dal mio punto di vista potremmo fornire tutto il mercato dell’Oltrepò di tartufo bianco, creando una peculiarità nell’offerta gastronomica dei nostri posti ma credo siano ancora troppe le difficoltà commerciali da superare”.
Esistono associazioni di raccoglitori?
“Si, a Casteggio è nata e ha sede l’A.R.T.O.P. (Associazione Ricercatori Tartufi Oltrepò Pavese) che lavora molto bene”.
Ci sono fiere del tartufo in Oltrepò?
“La fiera di Casteggio è quella più importante, ci sono varie sagre, quella di Menconico è diversi anni che funziona ed è collocata in uno scenario splendido. San Sebastiano Curone non è Oltrepò ma da anni ha una fiera importante, con una grande offerta e gradimento di pubblico, la val Curone per la vicinanza ci coinvolge”.
Come è regolata la raccolta?
“In Lombardia vige la legge nazionale e tutti coloro che sono in possesso di tesserino valido possono raccogliere i tartufi. Il tesserino lo rilascia la regione tramite uffici preposti dopo un corso ed un esame sulla biologia e la legislazione vigente per la raccolta. Ha validità di 5 anni su tutto il territorio italiano e ogni anno deve essere vidimato. In altre regioni si arriva a pagare il tesserino annuale fino a 200€”.
Questo comporta una maggiore presenza di tartufai “forestieri”?
“Nelle zone vocate al bianco sicuramente sì”.
Domanda di rito: alla fine quanto riesce a guadagnare?
“Qualche migliaia di euro…”.
A chi vende i suoi tartufi?
“Ristoranti della bassa pavese e di Milano e provincia”
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