Ottone, ricordi del Natale: canti in latino, inni e le famose antifone “O” della novena

A Ottone era tradizione partecipare alla novena in modo compatto e molto attivo. Nel frattempo si allestiva il presepe di casa e quello in chiesa, grande, meraviglioso. Per molti anni il Sig. Curti Severino, ora in pensione, se ne era occupato in modo diretto ed esclusivo.
IL PRESEPIO DI SEVERINO
Severino, anche nel presepio, si rivelava un vero artista dalla splendida manualità ed arte. Di certo un uomo animato e sostenuto da fede profonda e singolare spirito creativo. La sua opera era già in sé preghiera: davanti ad essa era più facile immedesimarsi nello straordinario evento della Natività, dilatarsi tra pastori e Re Magi, partecipare. Ricordo la sua “Carta roccia”, ogni anno dipinta in nuove forme e colori. Sembrava roccia vera: bisognava toccarla per sciogliere i dubbi. Noi chierichetti davamo una mano, ma solo per l’accessorio. Il nostro compito consisteva soprattutto nel raccogliere in boschi e selve muschi verdi e vari. Più verdi, meno verdi; argentati, per consentire all’artista di rendere mosso e vivace il prato intorno alla grotta, mescolati i colori con sapienza ed encomiabile buon gusto… Durante la novena tutti pregavano con i canti e le letture di cui all’”Ufficio della natività”, risalente ai primi secoli del cristianesimo. L’inno “En clara vox redarguit” (Una voce chiara richiama), è stato scritto, addirittura, da Sant’Ambro-gio (339/397), Padre e Dottore della Chiesa. La liturgia della notte di Natale, un capolavoro assoluto di umanità e religione, prevedeva Messa Solenne di mezzanotte con musiche per coro e organo. I paramenti violacei, tipici del tempo d’Avvento e di novena, avevano lasciato il posto a paramenti bianchi o dorati, propri delle grandi occasioni.
LE CELEBRI ANTIFONE DELL’«O»
Le antifone ai canti della novena, molto interessanti, erano tipiche solo della prima settimana, in quanto escludevano gli ultimi due giorni, cioè vigilia e anti-vigilia, destinati ad altro. Il numero sette richiama l’aritmetica mistica. Ne abbiamo già parlato e proprio su La Trebbia, qualche anno fa. Dette antifone sono note come: “Antifone dell’O”. Iniziano tutte, infatti, con la lettera “O”, complemento di vocazione, caso vocativo a seguire: O Sapientia, O Adonai, O Radix Jesse, OClavis David, O Oriens, O Rex Gentium, O Emanuel. I parroci di allora, mons. Stefano Barbieri (1866/1956) e Mons. Enrico Barattini (1903/1981), si dilungavano, pazienti, a spiegarcele. Non pochi fedeli le imparavano perfettamente a memoria. Consideri, ora, il lettore le prime lettere delle parole seguenti l’invocazione “O” (Sono state riportate in rosso). Le estrapoli e le unisca tra loro in corretta sequenza: otterrà l’acronimo SARCORE. Rovesciandolo, SARCORE si trasformerà in “EROCRAS” da cui “ERO CRAS” che in latino vuol dire: “Fra poco sarò in mezzo a voi”. Evidente allusione alla festività di Natale via via più vicina, ormai prossima. Le antifone sono un lascito generoso e profondo che l’antichità continua a donarci; brevi componimenti di infinita bellezza e pura poesia. Stupiscono e meravigliano; travolgono, esaltano, elevano, specie se cantate in gregoriano, come sempre avveniva. Enfasi sublime, incomparabile profondità ed altezza di umanità e religione. Le antifone in genere sono state studiate come opportuno punto di raccordo tra ciò che sta per accadere e la preparazione adeguata all’avvenimento, al meglio regolandosi e predisponendosi. Talvolta, come in questo caso, potevano contenere sensi reconditi da scoprire, per sperimentare che l’apparenza non è tutto, ma spesso solo un velo. Cosa ci sarà mai sotto? Cosa pensare? Come agire? Le antifone dell’”O” sensibilizzano, orientano la mente e il cuore alla riflessione sulla venuta del Salvatore, tanto attesa da generazioni infinite. A Bobbio, particella di due altre antifone riferite alla Vergine sono sempre in modo diretto sotto gli occhi di tutti. La prima è riportata a caratteri cubitali in facciata del santuario della Madonna dell’Aiuto. “Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genitrix” (“O Maria, ci affidiamo alla tua indispensabile protezione. Soccorrici nelle avversità che ci affliggono, o Santa Madre di Dio”). La seconda, bellissima, molto antica e piuttosto complessa, si legge nella basilica di San Colombano. Il primo altare a destra dell’ingresso (In cornu epistolae, si diceva un tempo), presenta un magnifico quadro Cinquecenteso di Maria Vergine, con didascalia che recita: “Ave Regina Coelorum” (“Ave, o Regina dei Cieli”). Un’antifona, quella, tipicamente natalizia perché nel prosieguo aggiunge: “Ave, Domina Angelorum. Salve Radix, salve Porta ex qua mundo Lux est orta” (“Ave Signora degli Angeli… Porta attraverso la quale passa, per sorgere, la Luce del mondo”). Il fruitore, attento, scopre metafore, allegorie, simboli che la caratterizzano. Illuminano, gratificano, coinvolgono.
LA TRADIZIONE DEL PRESEPE A OTTONE CONTINUA
In chiesa una nuova infrastruttura, molto funzionale, è stata elaborata con perizia dal Sig. Mario Guarnieri, abile agricoltore e falegname, sempre pronto a dare una mano, indispensabile, insostituibile, nelle buone imprese della religione. La gioventù studentesca, vari gradi della scuola del paese, sotto la guida di Giulia, Rosella, Marika e Nicolas, utilizzando anche carta roccia proveniente da passate edizioni, danno consistenza a nuove artistiche forme. Si è aggiunta, inoltre, una bella interessantissima iniziativa: la “Mostra dei presepi”, ora alla sua quarta edizione. Intervengono nella gestione la Parrocchia di San Marziano, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di Ottone. Tutti possono partecipare, presentando le loro opere ad una speciale commissione che provvederà a raccoglierle e renderle fruibili al pubblico. Il numero degli intervenienti, ogni anno, aumenta: piccoli e grandi evidenziando interesse crescente al Natale e alle sue tradizioni. Fa piacere immaginare genitori e figli associati in casa, mentre dialogano affettuosi, e si spremono nell’invenzione di forme, materiali, colori… Il “Fanciullino” di Pascoli si risveglia nelle famiglie: crea, materializza, stati d’animo, sentimenti ed emozioni. Crea e trasmette gioiosità e ottimismo. Papa Francesco sarebbe contento di saperlo: Glielo diremo inviandoGli una copia di questo nostro settimanale.

Attilio Carboni

(Articolo tratto dal N° 42 del 19/12/2019 del settimanale “La Trebbia”)

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