Né artista né guru. Paolo Buscarini, 61 anni sportivamente portati, perito agrario di professione, è, semplicemente, “l’uomo dei sassi”. Centinaia di bagnanti, che durante l’estate hanno raggiunto i lidi della Berlina, sopra Bobbio, in Valtrebbia, hanno incontrato le sue creature. Singolari, o corali. Suggestioni di pietra, materia che si fonde con l’ambiente circostante. Un sasso sull’altro, condotti da Paolo nella certosina ricerca del baricentro, fino all’estatico equilibrio. Sarà lo scorrere del tempo, l’onda di piena, o il gesto di qualche sconosciuto, a restituire le pietre al greto. Effimere creature – “Romolo e Remo”, “Adamo ed Eva”, “la tribù”, “Il bruco”, “Cristoforo Colombo” – che rapiscono per ore, per giorni, gli sguardi di chi è in spiaggia. E favoriscono l’incontro con l’altro. «Mia moglie non ci credeva. A quante persone sono venute a contatto con noi perchè, all’inizio, mi hanno visto armeggiare coi sassi», dice Paolo, residente a Piacenza, templare cattolico. Scusi, né arte né filosofia. Ma una grande passione, unita ad una super abilità. Come nasce? «La mia passione nasce alla Berlina. Ci andavo da anni con mia moglie, ma non amo prendere il sole. Ho cominciato le prime costruzioni. L’anno dopo ho cercato di migliorarmi. Cerco nelle pietre un equilibrio essenziale. C’è stata un’evoluzione nei miei lavori. Nel frattempo ho scoperto un movimento mondiale, che si chiama Stonebalance, che ignoravo».
Perché, Paolo, i sassi di Trebbia? «Anche un sasso ha una sua bellezza, che non si nota quando è insieme ad altri sassi. Una forma particolare, una colorazione propria, un’origine diversa. L’acqua, il vento e gli agenti atmosferici hanno dato forma ad un corpo unico nel suo genere. Alcuni si assomigliano ma non sono mai uguali . Eppure difficilmente ce ne accorgiamo. Prendono valore invece quando siamo capaci di valorizzarli, di estrarre dalla nostra sensibilità corpi al limite della gravità. Stonebalance è una attività che è arte, ma non è arte, che è meditazione ma non è meditazione, che è creatività ma non è creatività e nello stesso tempo tutto questo. Personalmente è difficile da capire, forse è più definibile come “emozione”, quando senti che la pietra che hai messo, miracolosamente, sta in equilibrio. Allarghi le mani e con stupore rimane immobile. Il risultato finale dipende da tante variabili come le condizioni climatiche ovviamente e soprattutto dallo stato d’animo del momento. Non si tratta di pazienza, ma di concentrazione, di autocontrollo e di autostima». Il suo laboratorio è all’aria aperta, sotto gli occhi di tutti. «Il massimo è potere operare in mezzo al torrente da soli senza nessuna distrazione, personalmente mi accontento, da dilettante, di farlo dove mi trovo, con i sassi che mi sono a portata di mano. Non ci si stanca a guardare queste pietre che assumono forme diverse a seconda del lato che si guarda. Ognuno ha la sua chiave di lettura e stimolano sensazioni differenti per ogni persona che le guarda. L’uomo ha sempre avuto attrazione per le pietre, guardiamo i Menhir, i Dolmen e i templi antichi costruiti con l’equilibrio di pesi e contrappesi». Ma non è stressante lavorare per ore alla ricerca in un effimero equilibrio? «No, anzi. Questa pratica rilassa, non è competitiva, costa poco ed è altamente ecologica. I bambini sono i primi a rimanere affascinati e a mettersi in gioco. Interessanti sono le reazioni delle persone quando le vedono realizzate. Ad alcuni sono le più semplici che piacciono, ad altri le più complicate. Una cosa è certa: sono irripetibili e effimere, possono durare minuti come in eterno se le condizioni non dovessero mutare. Sono autodidatta, ho imitato una persona che è passata prima di me e ogni anno cerco di superarmi. Sono contento quando vengono apprezzate, e sono un mezzo comunicativo potente per socializzare con le persone».
Simona Segalini
(Articolo tratto dal N° 32 del 3/10/2019 del settimanale “La Trebbia”)
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