Arrivo poco dopo mezzogiorno e Simone e Luca li trovo lì, a dorso nudo, intenti a sistemare un lavandino nella piccola piazza all’inizio del paese di Magioncalda. È una domenica di tardo autunno di sole caldo e cielo sereno, e con loro c’è anche Jacopo, un loro coetaneo, che con altri, costituiscono il gruppo trainante del Consorzio rurale dei paese. Luca, infatti, è il presidente, Jacopo il vice, manca il segretario Andrea in procinto di laurearsi, e peraltro autore di molte delle foto che vedete. I cosiddetti ragazzi di Magioncalda. che pur non essendoci di fatto nati, sono la dimostrazione di quel legame generazionale con il proprio paese e con le proprie tradizioni che da sempre è stato l’elemento cardine che ha permesso a questi territori di sopravvivere. Sono loro che questa tradizione la portano avanti, e grazie alla giovane età per Magioncalda sono iI vero valore aggiunto.
Li avevo notati in occasione della fiera del 1° settembre scorso a Carrega, quando avevano organizzato una dimostrazione di battitura del grano realizzato con mezzi meccanici manovrati a mano e costruiti da loro, identici a quelli che venivano usati in passato. Quello che non avevo capito è che il grano avevano ricominciato anche a seminarlo, se pur in piccole quantità. Me lo fa notare Angelo, il papà di Jacopo, che pur non originario del paese è come se lo fosse, consegnandomi una pagnotta di pane integrale, preparata la sera prima, e fatta con farina di segala e grano seminati a Magioncalda. Oltre alla segala e al grano, un terzo campo è stato coltivato a mais perché non poteva ovviamente mancare la farina di polenta integrale.
La voglia di Simone e Luca di mollare tutto e mettersi a coltivare a Magioncalda la si Intuisce e lo si capisce dalla mamma Laura, che nel frattempo ci raggiunge in piazza, combattuta tra un grande orgoglio per quello che stanno facendo, e la preoccupazione che si mettano a farlo seriamente in grande stile. ‘Uno è laureato e ha già un buon lavoro e lo mandano spesso anche all’estero, l’altro ha ancora un anno per terminare l’università: come possono buttare via tutto?”, mi dice infatti. Poi arriva anche Gianni, che è consigliere comunale, e Tiziana la sua compagna, dei quali sono ospite a pranzo. Pranziamo fuori sul piccolo terrazzo adiacente alla casa, e non riesco a fermare Tiziana che insiste nel mettere la tovaglia sul tavolo, dimenticando che io sono nato a Berga che assieme a Magioncalda costituiscono le frazioni più remote del comune, entrambe sotto il monte Antola ma da parti opposte, accomunate anche dal fatto che in maniera fìssa non ci vive più nessuno.
La casa è verso il basso del paese pertanto non abbiamo ingombri alla visuale. La luce del giorno perfetta mette in risalto le vallate accentuandone l’effetto soffice e tridimensionale. I colori autunnali fanno il resto, e i monti sono li di fronte a noi, attorno a noi, vicino, cosi vicino che si ha l’impressione che allungando una mano si possano toccare. Poco più in basso si sente scorrere il torrente dove nel pomeriggio ci rechiamo a vedere quel che rimane del vecchio mulino di Magioncalda e che i ragazzi hanno intenzione di ristrutturare e rendere funzionante, perchè una produzione maggiore di grano lo fenderebbe indispensabile. Si spera vivamente che un aiuto possa venire dagli eventuali finanziamenti di un bando apposito a cui si sta partecipando con l’aiuto del comune. Per la battitura di quantità maggiori il problema è già stato risolto grazie al recupero di una antica “battitrice* che verrà restaurata. Risaliamo in paese percorrendone la parte bassa e raggiungiamo il piazzale della Chiesa, dove appena sotto si vedono i campi del grano recuperati. La Chiesa è forse la più antica di tutta la Valborbera ed è nominata in un atto del 1197. quindi di costruzione antecedente a quella data. Tutto intorno una serie di orti le fanno da cornice. Risaliamo fino alla costruzione situata poco più in alto, a disposizione del Consorzio, che i ragazzi hanno intenzione di sistemare in modo da dare al paese un punto di ritrovo. Saliamo ancora e ci fermiamo a mangiare qualche grappolo d’uva che stranamente matura a quest’altitudine, mentre nel frattempo siamo raggiunti da un altro gruppo di persone con le quali conversiamo a lungo. Un’ultima foto ricordo davanti alla fontana e sono pronto a salire in macchina. Mi richiama ancora una signora, il cui nome non ricordo, che m’invita a visitare la sua tavernetta antica e originale, piena di attrezzi di un passato contadino che ormai non esiste più. Ritorno in piazza e ritrovo Simone e Luca che stanno sistemando uno scarico di un pluviale. Sono le 18.30 inoltrate e iI sole, tramontato ormai da un palo d’ore, ha lasciato campo libero a un’arietta frescolina. E mentre risalgo in macchina felice di aver trascorso una bella giornata, fra gente accogliente, che trasmette quanto siano forti i legami verso questi luoghi, non posso fare a meno di una riflessione: ‘Per questi nostri paesi, come Magioncalda. che se ti viene sete puoi bere tranquillamente l’acqua del torrente senza aver paura di avvelenarti, dove alcuni giovani arano una terra e ci seminano de! grano, della segala e del mais, e senza aggiunta di veleni chimici questi crescono lo stesso, dove puoi raccogliere delle noci che sono cresciute senza che nessuno abbia fatto niente, contrariamente a quelle delle culture intensive che subiscono 3 o 4 trattamenti chimici alle foglie per non parlare dei fertilizzanti nel terreno, oppure mangiarti delle mele che forse sono meno lucide di quelle dei supermercati ma che sono buonissime e il glifosato non sanno nemmeno cosa sia, e per di più immersi nel bel mezzo di un paesaggio fantastico, sì per questi nostri posti per questi nostri paesi come Magioncalda, non è che tutto sommato forse valga veramente la pena di “buttare via tutto”?
Giovanni Chiesa
(Articolo tratto dal giornale Quattro Pagine)
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